1. Cinque anni così...


    Data: 14/11/2018, Categorie: Sentimentali Autore: Alba6990, Fonte: EroticiRacconti

    Rabbia. Per cinque anni non ho provato altro che rabbia. Cinque anni d’inferno in terra, di occhiatacce, di bullismo, di torture psicologiche, di frasi di scherno e di oppressione. Tutti parlano degli anni del liceo come gli anni scolastici più belli. Gli anni con più ricordi da portarsi sempre con sé. Ogni volta che uno dei miei coetanei parla di bravate a scuola, inizia la frase con “Quando ero al liceo...”. Io non ne ho di questi ricordi da poter condividere, solo un muro di nebbia rossa. Ma non venivo bullizzata dai miei compagni di scuola. Oh no. Da quelli mi autoisolavo io stessa con estremo piacere: troppa stupidità e superficialità che dilagavano tra loro. Io venivo bullizzata dai professori. Li chiamano “educatori”, ma io li descriverei come dei muli dalla testa china e con il paraocchi. E questi sono quelli che si salvano, che sono pochi. La maggioranza di professoresse che ho avuto in quegli anni...non saprei neanche come definirle. Mi volevano impedire di leggere libri durante la ricreazione, non mi facevano uscire da scuola in anticipo quando avevo le visite mediche “Perché Alba mica ha il cancro.”, non accettavano il mio stile di vita al di fuori delle mura scolastiche, aggredivano la mia totale assenza di “qualità da leccaculo” che avevano invece i miei compagni. Queste sembrano piccolezze, ma in realtà non lo sono. Immaginate il fiato sul collo da parte dei professori ogni giorno. Ogni giorno una telefonata a casa. Ogni giorno una nota disciplinare per ...
    ... qualcosa che TU hai fatto (e che se fatta da qualcun altro, non fa niente). Ogni giorno un insulto lanciato in maniera indiretta. E quando un giorno te sei in bagno che stai piangendo per una giornataccia o per altro, la tua professoressa chiama tua madre e le dice: “Ora che l’ho vista piangere sono soddisfatta.”. Sapete che tra tutte queste cose, criticavano il mio modo di vestire? Un giorno della terza superiore, ero vestita con una gonna a quadretti neri e rossi, una canottiera, una felpa di pile, delle parigine nere e degli stivali. Una classica tenuta da college inglese. La professoressa di italiano mi ha guardata schifata, piena di disprezzo: “Alba, ti sembra il modo di venire a scuola conciata così?” Io, che non ne potevo più di provare a fare la brava studentessa che chiedeva sempre scusa per essere sé stessa, le risposi un secco: “Sì.” “Mio Dio. Davvero sei certa che un abbigliamento del genere sia consono?” “Se lei e gli altri vi vestite di merda non è colpa mia.”. Chiamata a casa. Mia madre mi dava ragione, dicendo che non vedeva il problema nel mio modo di vestire. La risposta di professoressa e preside è stata: “Sua figlia si veste come una prostituta da marciapiede. Con quel poco dignitoso modo di vestire non varcherà la soglia della scuola, domani.” Alla fine, dopo che mia madre ha minacciato di denunciarli, è venuto fuori che il motivo non era la poca dignità che potevo mostrare. Era perché i professori maschi mi guardavano. Eccome se mi guardavano. Così come i miei ...
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