1. Praga sotto la pioggia


    Data: 18/12/2018, Categorie: Etero Autore: Frank721

    E’ un giovedì di maggio e camminiamo sotto le nuvole di un temporale. La città è bellissima ma non regge il confronto con te. Per l’ennesima volta giro la testa a guardarti, mentre passeggiamo a braccetto per la città. Dio quanto sei bella. Per tutto il pomeriggio non ho fatto altro che perdermi nei tuoi occhi color nocciola, nel tuo sguardo, nel tuo sorriso. La pressione del tuo braccio intorno al mio era l’unica cosa di cui mi importasse. Uno strazio, quando lo abbandonavi, pari solamente alla gioia che provavo quando lo riprendevi. Tutti gli altri si sono allontanati, data l’ora tarda, dispersi fra le viuzze della città finché non avvenne ciò che non avevo osato sperare per tutto il pomeriggio. Siamo rimasti soli. La gente che ci circonda non è niente. Siamo solo io e te. Ancora una volta ti fermi davanti a una vetrina, con la scusa di dover trovare un regalo per tua sorella.
    
    Lasci il mio braccio per avvicinarti. Il tuo sguardo vaga sulla merce esposta ma io vedo solo il tuo riflesso. I miei occhi vanno a cercare i tuoi e tu te ne accorgi. Rimaniamo fermi a guardarci negli occhi attraverso il riflesso per qualche istante, prima che io abbassi lo sguardo. Non prima di aver visto il tuo sorriso. Mi avvicino alle tue spalle e torniamo a guardarci dal riflesso. –Trovato niente?- -Sì… qualcosa di meraviglioso…-. Il mio cuore comincia ad accelerare i battiti –davvero?- -sì… ma non sono sicura di potermelo permettere…-. Ti volti verso di me e i tuoi occhi sembrano dirmi ...
    ... moltissime cose. I nostri visi sono sempre più vicini. Dio vorrei solo stringerti a me e perdermi nelle tue labbra. Un tuono spezza l’incantesimo, mentre uno scroscio di pioggia fredda ci precipita addosso. Cerchiamo riparo sotto un balcone mentre un brivido ti scuote. Prontamente mi tolgo il cappotto di dosso e te lo poso sul coprispalle di lana ormai bagnato. La pioggia è battente e fredda e il nostro riparo è a dir poco precario. Vedo il portone di legno di un vecchio palazzo, semiaperto, e decido che sarà sufficiente come riparo finché non smetterà di piovere. Ci guardiamo e cominciamo a correre, io dietro di te per assicurarmi che tu non cada con quelle scarpe. Ma il portone è distante qualche centinaio di metri e per quando arriviamo siamo fradici. Entriamo di corsa nell’androne e ci appoggiamo con la schiena al muro, uno davanti all’altra, a riprendere fiato. Un brivido mi corre lungo la schiena e mi accorgo di avere la camicia zuppa d’acqua. Alzo lo sguardo su di te. Stai ancora guardando la pioggia venire giù. I tuoi capelli sono fradici, ridotti a ciocche gocciolanti ma il mio cappotto bene o male ti ha coperto. Lentamente i tuoi occhi si posano su di me e ci guardiamo per qualche istante. Bagnati fradici ma felici di trovarci lì, sotto quel portone, in quel preciso momento. Ci muoviamo contemporaneamente l’una verso l’altro. Le nostre labbra sembrano fondersi insieme mentre un calore sconosciuto mi scalda. Ti ritrovi con le spalle al muro mentre io sono sempre più avido ...
«123»