1. Dal diario di Marjka W. Hostess di terra. I due neri


    Data: 07/06/2019, Categorie: Sesso di Gruppo Autore: Tibet, Fonte: EroticiRacconti

    Maggio. Quella mattina avevo voglia di scopare, la voglia dei giorni migliori. Mi sentivo tanto puttana. La conchiglia che ho fra le cosce sgorgava un fiume ininterrotto di miele profumato e denso. Infatti quell'incapace del mio uomo era stato in grado di dar fuoco al mio covone di grano durante la notte passata ma non di spegnerlo adeguatamente dopo. E il rogo continuava a divampare senza sosta. Durante la prima mattinata avevo litigato con tutte le mie colleghe, donne insoddisfatte ed inette con l'aria di fontane ormai inaridite da tempo. Avevo anche guardato con concupiscenza il mio unico collega maschio. Ormai sessantenne, grasso e calvo, gli avevo fatto cenni d'intesa verso il wc, persino occhiolini di invito maliziosi ma senza esito. Il pusillanime evitava il mio sguardo. Tentai un rimedio collaudato. Darmi una calmata utilizzando i vari pennarelli del mio tavolo, ma dopo un breve e insoddisfacente orgasmo in gabinetto, il calore sotto era nuovamente al color bianco e non smetteva di crescere, cercai una soluzione. Lasciai l'ufficio e iniziai a girare per l'aeroporto. Sentivo i miei tacchi risuonare sul pavimento. Mi fermai a guardarmi in una vetrina. La divisa di personale di terra mi stava divinamente. Avrebbero potuto prendermi come ragazza-immagine senza nessun problema. Mentre camminavo la mia lunga chioma biondo-rossa sembrava la criniera di un cavallo avellignese. Ero in caccia. In caccia di cazzi, cazzi per farmi sfondare, cazzi per farmi finalmente godere ...
    ... come si deve. Li vidi. Erano due, alti e robusti, neri, pensai subito che facevano al caso mio. La mia uniforme li intimoriva, incutevo rispetto e ne approfittai, li feci alzare e poi li condussi in un ufficio che sapevo vuoto. Dentro, dissi loro. Chiusi a chiave. Capirono presto cosa desideravo. Mentre ero in ginocchio e succhiavo come una invasata un cazzo fuori misura, con la mano gestivo l'altro, ora i loro versi belluini mi riempivano di libidine. Grosso, lungo, entrava nella mia bocca e spingeva la cappella fino ai bronchi. Non esagero se dico che inghiottivo oltre venti centimetri di carne senza osso e una parte comunque restava fuori. Davo loro il cambio. Ora succhiavo uno, ora succhiavo l'altro. Ma per me era solo un preambolo. Mi alzai, sollevai la gonna fino alla vita, tolsi il brasiliano zuppo e rimasi con reggicalze e calze. Mi appoggiai al tavolo con i gomiti e con la mano cercai dietro. Trovai un grosso bigolone e lo strusciai sul mio spacco rovente, strusciai e lui spinse, entrò e mi riempì. Un urlo di soddisfazione uscì dalla mia bocca. Finalmente! Finalmente un cazzo come dicevo io! Dai! Gridavo. Fottimi. Lo dissi in inglese, tedesco, spagnolo, francese e italiano, le sole lingue che conosco mentre la mia fica glielo diceva nel suo idioma universale. Che colpi dava! Mi alzava letteralmente da terra. E come grugniva il porco. Mentre io urlavo e godevo. Finalmente! Lo incitavo. Dai... porco del cazzo, spaccami dai! Dai bestia! Dai porco! Dai riempimi della tua ...
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