1. Come parlarne - Capitolo VII


    Data: 09/06/2019, Categorie: Feticismo Autore: VB1977, Fonte: EroticiRacconti

    A giugno Debora terminò il quarto anno delle superiori. L’anno successivo sarebbe stato l’ultimo e il più difficile, anche perché avrebbe dovuto affrontare gli esami. Mi si contraevano le interiora al pensiero, come se li avessi dovuti affrontare io. Ma era arrivata l’Estate e c’era da affrontare quella. Per spezzare il ritmo con la scuola, Debora andò a trovare sua sorella in Inghilterra, per qualche giorno, ma mi sembrò un’eternità. Eternità durante la quale affrontai la mia paura di perderla, che si riaffacciò nuovamente quando pensai che oltre Manica avrebbe potuto incontrare qualcuno che le piacesse e decidere di rimanere là. Ma mi feci forza. In parte perché credevo in lei, credevo nelle sue parole e non riuscivo ad immaginare che quella persona potesse avere idee e comportamento diametralmente opposti a quelli che teneva da undici anni. In parte perché volevo vivere bene, felicemente, e lasciarmi alle spalle l’ansia e le paure. Volevo crescere e maturare sotto questo profilo. Iniziai quindi a pensare non a ciò che avrebbe potuto portarla via da me, ma a ciò che la legava a me. All’amore che provava per me. Alla frustrazione che aveva provato nei miei confronti quando ancora non stavamo insieme e lei mi desiderava, mentre io al contrario non ero interessato a lei. All’idea che aveva del suo futuro con me. A tutti quei “ti amo” che mi aveva detto. A tutte le motivazioni che aveva per quei “ti amo”. Quei pochi giorni di assenza quindi, tutto sommato non furono altro ...
    ... che un bene. Atterrò a pomeriggio inoltrato, in un giorno infrasettimanale. Decise quell’orario perché potessimo cenare insieme davanti ad una bella pizza. Nonostante la distanza dall’aeroporto e le difficoltà per arrivarci, decisi di farmi trovare lì ad attenderla, senza però dirle nulla. Mi armai di fiori e, già che c’ero, della cavigliera che avevo deciso di regalarle. Arrivai al gate d’uscita, ma rimasi a distanza in modo che, uscendo, non mi vedesse. L’aereo atterrò e lei mi telefonò per avvisarmi, quindi approfittai per continuare a parlarle in modo da sapere quando avrebbe varcato le porte del gate degli arrivi. Quando uscì la inquadrai immediatamente. Oltre al bagaglio a mano, aveva un trolley. Cominciai a seguirla, sentendomi un po’ un agente segreto, mantenendo tra noi una certa distanza e rimanendo in contatto telefonico. “Ma non me lo descrivi un po’ l’aeroporto?” domandai. “Lo sai che non ci sono mai stato…” “Mah, che ti devo dire… È in stile moderno, da un lato ci sono le cabine delle varie compagnie… per chiedere info… risolvere problemi, magari i bagagli smarriti… o chissà che altro… Dall’altro tutti i negozietti, i bar… Io sto cercando la strada più breve per arrivare al parcheggio…” Debora camminava velocemente e avevo paura di perderla tra le persone che affollavano l’aeroporto. Aveva le gambe lunghe, più lunghe delle mie. E me ne accorgevo, visto quanto faticavo a starle dietro. E questa fatica si sentì anche attraverso il cellulare, che non fece nulla per ...
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