L'ufficio 1
Data: 14/09/2019,
Categorie:
Etero
Autore: senso_intenso
Ho sempre avuto gusti particolari: non per forza sofisticati od estremi, ma miei. Conosco le mie imperfezioni, e mi piacciono negli altri. Godersi i difetti è più comodo che godersi la perfezione, e a volte molto più piacevole.
La vedevo tutti i giorni all’arrivo in ufficio. Non so cosa mi attraeva di lei. Forse per l’età simile alla mia, forse il modo di nascondersi dietro un giaccone imbottito. Eppure curava i capelli mossi e nascondeva forse con un pò troppo colore qualche difetto della pelle delle guance. Sempre toni non troppo vivaci, neanche sulle labbra o sulle palpebre, ma sicuramente ravvivava una pelle abituata a ore di ufficio.
Le abitudini sono rilassanti: ci incrociavamo sempre alla stessa ora. Riconoscevo il passo e la forma prima della persona, e rallentavo per guardarla qualche secondo in più. Un cenno con la testa, un buongiorno a bassa voce: anche quando per qualche gioco di secondi ci si incrociava all’interno, aveva cura di non andare oltre un sospiro. Aveva occhi verdi e capelli castani.
Avevo sicuramente cominciato io a salutarla, quando si era accorta che la guardavo. All’inizio lo facevo per rendermi conto di cosa mi piacesse, ma come sempre più si conosce più si apprezza, e mi godevo anche l’insieme. Sorrido sempre quando saluto: è un modo piacevole e semplice per mettere a proprio agio le persone.
Non ricordo quanto andò avanti: una volta la incrociai con un collega che la salutò per nome.
Mi sembrò che mi salutasse con più calore, e ...
... probabilmente sorrisi di più. Anche lei lo fece, anche le volte che ci vedevamo da soli. Seppi poi con discrezione il suo nome, e mi informai su altre cose che solleticavano la mia curiosità. Era già la bella stagione, il giacchetto era più leggero e l’avvolgeva nelle forme, ma lei vestiva sempre molto, come per coprire più del necessario.
Una volta all’ascensore lei usciva, io entravo di premura. Non c’era nessuno e sbarrò gli occhi, a centimetri dai miei. Non era previsto nè premeditato, ed evitammo l’urto per poco: mi sembrò dispiaciuta quando le chiesi scusa con un sorriso. Un profumo leggero, ma speziato. Forse non costosissimo, ma sicuramente ricercato.
Altre volte ebbi l’impressione che quando mi voltavo dopo averla incrociata in corridoio, le sue anche si muovesero di più - o che la gonne fasciasse più i fianchi. Stivali alti, calze spesse, colori scuri. E ancora non sapevo dove sparisse nel palazzo dell’azienda. Capelli più corti ma con ricci più evidenti.
Con il tempo, il caldo e le assenze per ferie il lavoro avanzava di malavoglia. Le belle giornate invitavano ad alzarsi dalla scrivania per qualsiasi scusa possibile, così un giorno la incrociai nella stanzetta della fotocopiatrice dopo una riunione in un’altro piano.
Sempre fasciata fino al collo in grigio, ma con un piccolo pendente abbastanza pesante da scendere in quella che era una invitante scollatura. Ci salutammo sempre con un cenno, un sorriso e un buongiorno sospirato. Feci in tempo a passare e ...