1. Nel capannone


    Data: 17/11/2019, Categorie: Gay / Bisex Autore: FringuellinoCaldo

    La prima delle (sostanzialmente) vere storie tratte dagli episodi della mia vita.
    
    Una leggera pressione sulla porta che si aprì con un clic e scivolammo subito dentro. La richiudemmo subito, il buio era totale ma M. con passo sicuro, conosceva il posto che, peraltro, era completamente vuoto, si recò nello stanzino posteriore che era diventato la nostra alcova ed accese la luce, era fioca ma più che sufficente. La stufetta elettrica stentò a partire ma dopo qualche sfrigolio iniziò a compiere il suo dovere.
    
    Sulla vecchia brandina c'era un materasso sdrucito, macchiato di sborra.
    
    M. si sedette, poi: “Dai spogliati”.
    
    Faceva ancora freddo ma noi non lo sentivamo.
    
    Quando vide le minuscole mutandine a pois viola gli si illuminarono gli occhi: “Brava troietta, hai obbedito!” io obbedivo sempre.
    
    Gli slippini erano della mia sorella più piccola, a lui piacevano tantissimo gli indumenti intimi femminili
    
    Il giorno prima, l'ultima volta che ci eravamo incontrati, di fronte all'oratorio mi aveva detto di mettermeli, aveva voglia: “Domani pomeriggio ti inculo, alle quattro al capannone. Mettiti le mutandine”. Cerano con lui un altro paio di ragazzi che ridacchiarono. Loro sapevano, M. non era l'unico a scoparmi, anzi, allora ero già una puttanella del “giro” dell'oratorio, una cosa loro, anche se lui era quello che mi intrigava di più, una ninfetta totalmente serva delle sue voglie.
    
    Il capannone, anche se veniva chiamato così, non era veramente questo ma, ...
    ... piuttosto, un ampio locale al piano terra di un vecchio stabile, semi abbandonato, veniva saltuariamente utilizzato come luogo di ritrovo, ma capitava di rado. La porta più piccola si apriva facilmente. Sul fondo c'era uno stanzino, quello dove scopavamo. Dotato di corrente elettrica era veramente comodo.
    
    Era il posto dove lo facevamo più spesso, anche se ce n'erano molti altri.
    
    Decise che doveva orinare e si mise in un angolo della stanza più grande: “Dai, fighetta, reggimelo mentre piscio”. Lo faceva quasi ogni volta, gli dava un senso di potere, presi in mano il cazzone, ce l'aveva piuttosto grosso e penzolava giù. Si svuotò ed io glielo scrollai e lo masturbai un attimo.
    
    “Succhialo” continuò. Anche questo era abituale, lo prendevo in bocca così, bagnato e puzzolente di piscio, capitava che ne trattenesse un po', poi si liberava ed io mandavo giù tutto. Le prime volte avevo vomitato poi mi ero abituato. Ora lo facevo quasi con tutti, M. gliel'aveva raccontato, così l'avevano preteso anche gli altri “amici”.
    
    Loro amavano scambiarsi pareri sulle loro esperienze, vantandosi della loro mascolinità, io ero una cavia totalmente consenziente sulla quale sperimentare ogni fantasia che gli venisse in mente.
    
    Erano un gruppo piuttosto numeroso, quelli che frequentavano i locali della parrocchia, nel tempo si era creata una sorta di gerarchia, quelli come me, le “femminucce” sottomesse e piagnucolose davano soddisfazione a coloro i quali, col tempo, sarebbero diventati i maschi ...
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