1. Il prete depravato (cap. II)


    Data: 09/11/2017, Categorie: Incesti Autore: Pierre, Fonte: EroticiRacconti

    ... brama golosa e quando mi sono spinto con le labbra a succhiarle il bottoncino carnoso lei è letteralmente saltata, scossa da un piacere incontrollabile che è esploso dopo mesi e mesi costretto ad essere represso per l'assenza di zio. Zia si era arresa alla "volontà di dio", si era arresa al nipote prete che stava per sbattersela, come un cavallo che monta la sua giumenta. Le infilo il mio randello nella sorca, che è aperta e fradicia dalla voglia di cazzo, e inizio a fare avanti e indietro spingendolo tutto fino nel profondo delle sue viscere pregne di voglia. Lei, che sporge dall'inginocchiatoio come se stesse affacciata da un balcone, aumenta l'intensità e il tono del suo gemere e snocciola invocazioni alla madonnasanta mentre si gode il mio cazzo (il cazzo grosso e duro di suo nipote) che le stantuffa nella fregna e la fa sussultare tutta quanta. Vedo le sue tettone pendere nel vuoto, bianche, gonfie e pesanti, e ballare oscene sospinte dai miei colpi; dondolare impazzite, avanti e indietro, quando aumento i colpi a sfondare la fica calda e bagnata che accoglie il mio stantuffo indomito. Quell'oscenità di un incesto consumato il giorno prima di un atto tanto importante, un abominio che precede una consacrazione, mi danno una eccitazione tremenda e aumento le spinte con il bacino, sbatto come un pazzo il mio randello nella sorca pelosa di mia zia, grugnisco come un maiale e bestemmio, mi sento investito da un potere inebriante che mi dà vigore, un vigore osceno. Martello ...
    ... senza sosta, inarco la schiena per infilare il più possibile quella minchia dura e feroce tra le cosce di zia, insudiciate dagli umori che le colano, e lei è sempre più in balia dei miei colpi e, singhiozzando per i sussulti, invoca la vergine alternando al "Maria" dei languidi "Oooh sìsìììsìììì". "Non sborrare dentro!," implora mia zia mentre, aggrappata al ripiano intarsiato dell'inginocchiatoio, attende che mi svuoti i coglioni, stravolta, sfatta, con la maglia sollevata fino al petto, le zinnone che pendono oscene come le mammelle delle vacche e la gonna arricciata sopra i fianchi. Io sfilo in tempo il biscione e le scarico addosso una sborrata immonda, tanto da innaffiarle la schiena; gli schizzi del mio seme le impiastrano la coda dei lunghi capelli neri e il collo. Zia si ricompone, ha le cosce scoperte, bianche e robuste, e una folta peluria nera nel mezzo, una peluria gocciolante dei suoi umori sconci e peccaminosi. Io mi ripulisco il cazzo strofinandoci un lembo della tunica. "Non posso mica indossarla così sporca e odorosa di sborra...", glielo dico con in faccia un ghigno beffardo, mentre gliela butto addosso e con un tono pacato ma di comando le dico di lavarla e profumarla perché sia pronta e degna, almeno quella, per il rito del giorno appresso. Zia esce dopo essersi resa presentabile; si aggiusta, ripiegata, la tunica a braccetto, nascondendo la chiazza odorosa di sborra e si richiude la porta alle spalle. Prima di lasciarla andare le ho somministrato una specie ...