Epopea a pomezia - capitolo 1
Data: 16/08/2017,
Categorie:
Etero
Autore: Musichiere999, Fonte: Annunci69
Come detto nel racconto Il risveglio, sono il front-man di una cover band. Quella sera suonavamo in un pub a Pomezia e devo dire che io e i miei compagni eravamo particolarmente in ghingheri: la tastierista, Cristina, con la sua camicetta a fiori e i jeans strettissimi; il chitarrista nonché mio migliore amico e latin lover del gruppo, Giovanni, più pimpante che mai; alla batteria stava Arnaldo, col suo pizzetto e le manone, da muratore più che da musicista; il sottoscritto me medesimo, con l’ aria da artista consumato, gli occhiali neri da intellettuale, la giacchetta delle grandi occasioni (o presunte tali), le scarpe lucide. Stavamo finendo il nostro piccolo sound-check mentre i camerieri allestivano la sala, per una volta in compagnia di un sottofondo e io avevo messo gli occhi sulla cassiera, una ragazza mulatta di nome Jennifer con padre italiano e madre araba. Tutte queste informazioni le avrei scoperte solo molto dopo: in quel momento sapevo solo che era bellissima e la guardavo rapito da dietro al mio microfono.
Il locale piano piano si riempì e la nostra esibizione cominciò. Jennifer era piuttosto lontana del palco e con mia grande tristezza non sembrava particolarmente interessata a noi. “Peccato”, mi dissi, e smisi di pensare a lei. Poi avvenne qualcosa di inaspettato: un pezzo del nostro repertorio si intitola Caraibi e contiene una frase molto dolce e trasognata “Meriti/ Tramonti intramontabili/ Crociere nei Caraibi/ Serenità…”. Ora, probabilmente questo ...
... parlare di crociere e posti lontani suscitò in lei una qualche emozione legata alle sue origini, forse un po’ di nostalgia. Fatto sta che alla fine di quel pezzo ci dedicò il suo primo applauso e a me batteva il cuore perché amo la musica e le donne e quando con la musica riesco ad emozionare una donna è per me è una grande gioia.
Comunque sia, qualche brano dopo Caraibi il nostro live terminò. Incassammo i nostri applausi e ci dirigemmo verso il tavolino del boss del locale per farci pagare, perché è vero che non di solo pane vive l’ uomo ma bisogna pur campare! Il suddetto boss ci dirottò verso la cassa dove ci attendeva la venere nera. La cassiera ci diede i soldi e con un occhiolino mi allungò un bigliettino.
I suoi denti bianchi, facendo contrasto con la pelle ebano, sembravano più luminosi dei fari del palco che ci erano stati addosso per tutta la sera. Il foglietto conteneva un numero di telefono e un nome, Jennifer appunto. La chiamai la mattina successiva con un certo timore di disturbare, lo ammetto. Ma ero davvero curioso di conoscere Venere Nera. Mi rispose con la stessa voce squillante e tenera che avevo già notato la sera prima e ci facemmo una chiacchierata; era dolce, sembrava una bambina per certi versi. – Sembri una superstar, lo sai? – mi disse a un tratto – Addirittura?! E dimmi, ti senti all’ altezza di prendere un caffè con una superstar del mio calibro o lasciamo perdere? – Rise, con una risata allegra che mi metteva voglia di sesso e di vita. – ...