-
Giacomino - capitolo 4, l'avvocato
Data: 10/10/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: Caster83
Aprii gli occhi, mi svegliai sudato, la luce del sole di settembre entrava dalla finestra e mi colpiva in pieno, sentivo il calore sul mio corpo nudo e sul mio pene, che spavaldamente eretto svettava; istintivamente lo afferrai e cominciai a masturbarmi pensando agli avvenimenti dei giorni precedenti, a come venivo posseduto, ai corpi, i cazzi che mi entravano dentro, le immagini dei ricordi che sfumavano in sogno nel torpore del dormiveglia. Venni bruscamente riportato alla realtà dal suono del citofono. Decisi di ignorarlo e di reimmergermi nelle mie fantasie, avrebbero aperto i miei genitori o mio fratello. Il citofono suonò una seconda volta distraendomi e svegliandomi definitivamente. -Maa! Paaa! Vitooo! Potete andare voi!? Chiesi urlando. Nessuna risposta, guardai la sveglia, erano le dieci, i miei erano già a lavoro e mio fratello doveva già essere uscito. Mi alzai frastornato e in fretta mi infilai i pantaloncini di cotone correndo a rispondere. -Chi è? -Sono Enzo, c'è tuo padre? -No, è già in ufficio. -Senti devo lasciargli le delle carte ma non faccio in tempo a passare da lui in paese, devo andare in tribunale tra non molto, posso lasciarle a te? Enzo era l'avvocato di papà ed era una delle tante persone di casa da noi. Amici dai tempi dell'università, era stato testimone di nozze dei miei e le nostre famiglie si frequentavano assiduamente; io e Vito eravamo praticamente cresciuti coi suoi figli come compagni di giochi. Aprii il ...
... cancello ed entrò con la macchina nel vialetto. Arrivò alla porta e lo feci accomodare. -Scusa, ti ho svegliato? Evidentemente avevo ancora la faccia stravolta dal sonno e coi segni del cuscino. -Si ma non ti preoccupare, devo farmi un caffè, lo vuoi? Accettò; feci strada e ci dirigemmo verso la cucina. La molla di quel maledetto pantaloncino era completamente slabbrata, ogni quattro passi dovevo alzarmeli perchè mi scivolavamo lungo i fianchi e non essendoci sotto le mutande a frenarli, mi sarebbero scivolati alle caviglie. Scambiammo chiacchiere di circostanza, mi chiese quando sarebbe iniziata la scuola e io chiesi come andassero le cose a casa mentre prendevo la caffettiera. Si era fatto crescere la barba, era folta e rossiccia, stranamente più chiara dei capelli castani. Nonostante avesse la pancetta, celata sotto il gilet del completo a tre pezzi da ufficio, a 45 anni era un bell'uomo, un metro e ottanta e massiccio: era un assiduo vogatore ed uno dei pochi che effettivamente praticavano canottaggio al circolo che frequentava coi miei; si vedeva che i muscoli delle braccia gli tiravano la giacca, il completo probabilmente gli stava stretto e si stava aggiustando il pacco in continuazione. Indugiai per un attimo su quest'ultimo particolare e mi voltai per riempire la macchinetta. -Ti dispiace se lo faccio un po' più lento? La mattina mi piace prenderlo lungo. -Va bene, mi adatto, lo prenderemo come piace a te. Mi rispose con un sorriso di sbieco. Il ...