1. Normandia 1944 Capitolo 3


    Data: 31/10/2018, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: Bastardo senza gloria

    ... lavi e si rivesta, scappi da questa casa, ci sarà molta confusione nelle prossime ore, nessuno baderà a lei” Le parole penetrarono nella coscienza di Gabrielle che si voltò a guardare il piantone. Era un anziano dal volto severo, ma leale, vide il dolore e la vergogna nei suoi occhi. “Ce la fa a fuggire? Se la porto giù non so cosa potrebbe succedere” “Perché lo fa?” si sentì domandare. “Non sono tedesco, sono austriaco, sono cattolico, facevo l’insegnante elementare. Mi vergogno di quello che ho visto e sentito, ma la prego, mi ascolti, scappi e si metta in salvo” La guardò con aria interrogativa. “Ho capito.. ..si credo di potercela fare.. ..grazie” Il piantone la guardò un’ultima volta e si diresse verso l’uscita della stanza. Si salda qualche conto Gabrielle slacciò il collare e lo scagliò lontano, rapidamente si rivestì con gli indumenti che aveva lasciato su una sedia, prese le scarpe in mano e si accinse a scendere in silenzio le scale. Un improvviso lampo di rabbia la fece tornare indietro. “Speriamo che non se la sia portata con se” pensò frugando nel cassetto dove l’aveva vista. Ebbe quasi un sussulto di gioia nel vedere la piccola Walther. Un’arma da signorine, le aveva detto il capitano mostrandogliela un giorno. Una pistola a cosiddetto doppio effetto, tirando il grilletto si alzava il cane e non era necessario farlo precedentemente come per le armi più pesanti. “Un piccolo giocattolo che portavo sempre con me nei carri” le aveva detto il capitano. Un’arma che ...
    ... si poteva tenere tranquillamente in tasca con il colpo in canna senza paura che sparasse accidentalmente. “Quando un carro era colpito” le aveva spiegato il capitano “o salta in aria o va a fuoco. Se va a fuoco non vi è il tempo di uscire. Un’arma di questo tipo ti evita di morire bruciato vivo”. Il capitano con la morte, si può dire, ci faceva l’amore. Le aveva insegnato a caricarla e poi le aveva chiesto di puntargliela addosso. Poi l’aveva derisa perché non gli aveva sparato. “Troppo dolce sarebbe una morte come questa” era stato il pensiero che aveva trattenuto Gabrielle più che la paura di ritorsioni su suo figlio. Si mise in tasca la pistola e sfilò fuori dalla stanza. La casa era un caos spaventoso e nessuno badava a lei, uscì e venne inghiottita dal buio. Sapeva dove andare e cosa fare. La casa del Podestà era lungo la via centrale, ma un po’ discosta, separata da questa da un piccolo giardino. La notte era buia con una luna piena che a tratti appariva tra le nuvole. In lontananza verso Nord Ovest si vedevano i lampi e le raffiche della contraerea e ogni tanto ci si sentiva schiacciati da un aereo che passava sul paese a bassa quota. Il portoncino del giardino era aperto, fece rapidamente la decina di passi che la separava dalla casa e salì i gradini dell’ingresso. Vide un filo di luce che filtrava sotto la porta e bussò energicamente come avrebbero fatto i tedeschi. “Un attimo che spengo la luce” risposero dall’interno. La porta si aprì e il Podestà nel passare dalla ...