1. L'ippopotamo e la gazzella


    Data: 30/09/2017, Categorie: Etero Autore: singlebsx58roma, Fonte: Annunci69

    Erano le 09.00 della mattina, ed insieme al mio amico Riccardo ero alla fermata in attesa dell’autobus per recarci in una delle spiagge dell’isola. C’era un bel po’ di gente in attesa, per la maggior parte turisti come noi, ma anche qualche casalinga indigena.
    
    Tra la fauna presente faceva bella mostra una ragazza bionda, longilinea come una gazzella, con un bel fondoschiena a mandolino coperto da un gonnellino color celeste, un seno da cerbiatta nascosto da una camicetta multicolore, pelle bianchissima. Le labbra carnose di un bel color rosa. Colore degli occhi indefinibili perché nascosti dagli occhiali da sole. Si vedeva ad occhio che era giovane con le carni ancora sode. Non avrà avuto più di 25 o 28 anni.
    
    Era vicino ad un energumeno dal viso grosso, collo taurino, corpo da pachiderma, con in mano una bottiglia di birra. Anche lui con gli occhi coperti da grossi occhiali da sole. La sua età era indefinibile. A prescindere dal fisico, poteva essere un giovane con gli anni portati male, oppure una persona matura che dimostrava meno della sua età effettiva. Comunque dimostrava almeno tredici, sedici anni in più della ragazza. Non si capiva quindi se era il suo compagno o genitore.
    
    Fu mentre riflettevo su questo che arrivò l’autobus.
    
    L’ippopotamo, grazie anche alla sua stazza, fu uno dei primi a salire e prendere posto a sedere trascinandosi, quasi strattonandola, per mano la gazzella.
    
    Con "estrema galanteria" si mise seduto lasciando la ragazza in piedi ...
    ... alle sue spalle come fosse una sconosciuta.
    
    Sentii le budella rivoltarsi.
    
    Ma come si fa ad essere così cafoni? Così insensibili? Quell’essere angelico era meritevole di tutte le attenzioni possibili! La cosa non mi andava giù, era un affronto all’educazione ed al buon gusto che chiedevano vendetta.
    
    Causa la grandezza o, sarebbe meglio dire la “piccolezza” dell’autobus, noi altri passeggeri rimasti in piedi eravamo molto ravvicinati. L’ippopotamo bofonchiò qualcosa in una lingua che mi sembrava dell’est europeo, ma poteva essere benissimo aramaico o ebraico o perfino swahili. Che differenza fa quando non la si conosce? Di sicuro non era inglese o francese o spagnolo o tedesco, lingue che a diversi livelli conosco.
    
    L’autobus partì. Dopo poco a causa di una brusca frenata fummo sballottati, con contorno di imprecazioni dell’autista e dei locali, prima in avanti e poi indietro.
    
    Mi venne istintivo poggiare la mano sulla spalla della gazzella per proteggerla. Lei si girò.
    
    Io le sorrisi e chiesi scusa. Lei rispose a sua volta con un timido sorriso scoprendo una bianca e perfetta dentatura.
    
    L’ippopotamo bofonchiò ancora qualcosa, poi si tappò la bocca portandosi alle labbra la sua bottiglia di birra.
    
    Chiesi a Riccardo di farsi ancora più vicino per dar maggior copertura allo spazio tra me e la gazzella.
    
    Lui mi guardò con aria interrogativa.
    
    Obbedendo al richiamo dell’adrenalina che montava inesorabilmente, mi feci coraggio e le poggiai la mano sul sedere ...
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