Cecilia - Un fine settimana - Cap VI
Data: 07/10/2017,
Categorie:
Dominazione / BDSM
Autore: itamobydick
... vena di sospetto, tirò ancora più indietro le gambe. Era tutto intento a raccontare, che non ci faceva nemmeno caso: i suoi erano movimenti involontari, quelli di Cecilia per nulla. Allungò per la terza volta il piede, iniziando più esplicitamente a strisicarglielo sulla gamba. Lui si fermò, smise di parlare, guardandola confusissimo, ma lei, con quel sorriso, gli disse subito "Dai, continua, perchè ti sei fermato?". Attimi infiniti di silenzio, mentre lei sopra lo fissava attentamente, e sotto gli massaggiava la gamba, pian piano sempre più in alto, pian piano sempre più pericolosa. Ricominciò a parlare, più lentamente: no, non "stava al gioco", perchè non aveva idea di che gioco fosse; lui era semplicemente caduto, di nuovo, nella sua trappola. Di nuovo in quella condizione di blocco totale, nell'incapacità di muoversi, di fare qualcosa con la propria volontà: ora faceva solo quello che voleva lei. Il piede si avvicinava, con velocità impercettibile ma inesorabile, al suo pube: strisciava un po' avanti, e poi leggermente indietro; ancora avanti, poco più di prima, e poi di nuovo indietro. Ludovico era già eccitato: il suo sesso stava sperimentando quel giorno una prova che non aveva mai neanche avvicinato lontanamente: prima l'esercizio, poi la frutta, ora quella terza tortura che lo spingeva verso l'erezione, l'eccitazione, l'orgasmo...per poi fermarsi, quando era al limite. Quando con la punta del piede iniziò a sentire il membro rigido, Cecilia, continuando ad ascoltarlo ...
... fissandolo negli occhi, iniziò a mordersi il labbro. E proseguì la sua inesorabile avanzata, poggiando il piede sul pene di Ludovico. Lui era rossissimo, legava a fatica le parole, balbettava con gli occhi sgranati: sembrava in tutti i sensi in uno stato di ipnosi. Lei, con infinita lentezza, iniziava a premere ripetutamente sui suoi jeans. Sentiva sotto il calzino la lampo dei pantaloni di lui, e la cosa rendeva ancora più divertente quel suo gioco. Sentiva il pene premere, sentiva che quel povero condannato alla tortura voleva liberarsi, uscire da quella prigione, ed essere soddisfatto come la natura aveva deciso quando l'aveva creato. Ma, sfortunatamente per lui, la lampo era chiusa e lo sarebbe rimasta. Il ritmo costante di Cecilia lentamente sortiva il suo effetto: era sempre più rigido, e quando per qualche attimo si fermava, poteva sentirlo vibrare, e sentirne le vene piene che pompavano il sangue. Lei era nel suo nirvana, lui nel suo infermo: respiri secchi e brevi fra quelle parole dette con fatica, la forchetta ancora in mano con quel boccone che ormai si era completamente raffreddato: tutto questo, mentre lei lo guardava, e senza staccare lo sguardo, finiva di mangiare gli ultimi spaghetti. Per Ludovico era tutto amplificato all'ennesima potenza: il rumore della forchetta, la mano che dolcemente la portava alla bocca, quelle labbra che si aprivano e la facevano entrare. E poi, quando si chiudevano, e succhiavano dentro gli spaghetti: quelle labbra strette, sporche ...