Pagine di vita. Don Celestino.
Data: 13/02/2019,
Categorie:
interviste,
Autore: Tibet
... fa uso pesantemente di coca. -Me gusta... ma sono qui per parlare di affari Don Celestino…- -Tu scopala questa puta... voglio che le fai male. Picchiala... frustala. Voglio vederla soffrire mentre tu la prendi e poi parleremo di affari...-. La lascia e beve direttamente a collo da una bottiglia di Moet Chandon. Il mio sguardo ritorna al corpo della ragazza, abbandonato, scosciato. E' bella, come può essere bella una giovanissima donna. Il corpo aggraziato dalla pelle ambrata, pelle che sembra seta. Ma gli occhi? Gli occhi sono nascosti dalle lunghe ciglia e sono colmi della sua paura. E ancora mi chiedo perché sono qui. Perché mi sono fatto coinvolgere in questa cosa. E mi rispondo anche, evidentemente perché sono bacato, marcio dentro. E' presto detto, il vecchio possiede una proprietà in Italia, al suo paese d'origine, fra il Veneto e il Trentino. Una proprietà a fine locazione agricola ventennale. Una proprietà che con un intrallazzo italico fra qualche tempo passerà ad edificabile rendendo possibile una speculazione enorme. Quello che gli sto proponendo è la sua firma a una procura a vendere in cambio di 130.000 euro a ettaro per 13 ettari e qualcosa. A me spetta il 2 per cento se va in porto la cosa ma per lui è una fregatura e anche grossa. Alla fine che mi costa? Di fare delle cose che ho già fatto? Picchiarla un pò, lasciarle un pò di segni. Violentarla, far godere cerebralmente questo vecchio degenerato. Venduto mi sono già venduto, non c’è nulla di nuovo. Sarebbe ...
... solo una volta in più. Di lei sinceramente non ho compassione, anche per me è poco più di un oggetto. Ma lui? Lui...? Cazzo... io mi vedo in lui! Mi vedo quando avrò la sua età e mi vedo fare le stesse medesime cose! E ho pietà di me stesso. Più tardi nell'accomiatarmi da lui capisco che comunque avrebbe usato anche me, che non avrebbe aderito alla transazione. La sua famiglia non ha mai venduto un metro di terra e il suo legame con essa è l'unica cosa che lo collega alle sue radici in patria. E sa anche del cambio di destinazione urbana. Gioca con me come un gatto con il topo e questo mi fa sentire un cretino e ho paura. Una paura viscerale. Mi lascia un attimo e al suo ritorno mi dona una scatola di legno pregiato di sigari. Dei Bolivar Royal Corona extra, Reserva Especial. In suo ricordo mi dice. Sento un brivido lungo la spina dorsale nell'accettare e non per la commozione. Ore più tardi lancio la scatola nel Rio Magdalena dal traghetto che mi porta verso Barranquilla e la guardo galleggiare lungo la corrente, destinazione il mare. Galleggio anch'io ma non so verso dove. Chissà perché ma in uscita dal paese, in aeroporto, vengo minuziosamente esaminato, bagaglio e tutto, persino sottoposto a ispezione corporale, passato letteralmente al setaccio e noto l’aria di disappunto dei militari antidroga quando non trovano nulla. Ringrazio la mia intuizione. Quella di aver buttato la scatola dei sigari. E maledico Don Celestino. Lo maledico con tutte le mie forze, uomo crudele e ...