Veronika, ovvero la lussuria
Data: 08/05/2019,
Categorie:
Etero
Autore: Vercingetorige87
... sera rimontai sulla mia fida bicicletta avevo un numero di telefono di più in rubrica e un’erezione incontenibile nei pantaloni.
Ricordo anche la prima volta che scopammo. Eravamo a casa mia e la confidenza era quella di chi si era visto solo un paio di volte ma sapeva dal primo istante che sarebbe finita così. Era incredibile quella sera: la scollatura perfetta da far cadere lo sguardo e allo stesso tempo da lasciare libera l’immaginazione; il tubino nero stretto al punto giusto che cadeva a metà coscia, dando l’impressione che l’accesso al paradiso fosse lì a due passi ma nascosto quel tanto che bastava da farti venir voglia di cercarlo; il trucco provocante e forse fin quasi volgare, perché aveva capito che la sua personalità ferina mi piaceva e non c’era bisogno di nascondersi dietro la maschera della brava ragazza. Quello che però mi aveva fregato dal primo attimo erano state le movenze: quella donna era nata per scopare e lo si capiva anche solo annusandola.
Ci guardammo negli occhi, e mi persi in quel nero profondo morendo di desiderio. La baciai. Sentii il cazzo esplodermi nei pantaloni, ansioso di farsi un giro dentro di lei, mentre il respiro diventava affannoso e le mani correvano ovunque. La presi di peso e la appoggiai al tavolo della sala e subito quelle gambe forti si strinsero attorno ai miei fianchi. Era qualcosa di animalesco e frenetico, incontrollabile, primitivo e sensuale. Strinsi forte quei seni prosperosi e sentii i capezzoli spuntare sotto il ...
... vestito, il reggiseno non c’era e questo mi mandò completamente all’altro mondo. Non ragionavo più, come succede solo le migliori volte, e subito infilai le mani sotto il tubino, alzandolo e cercando quelle mutandine lì per essere sfilate.
Le tolsi in un attimo e subito la mano andò a cercare il suo clitoride, e lì si fermò. Era turgido e duro e grande, un clitoride imperioso come mai ne avevo visti, e morii dalla voglia di assaporarlo. Quasi leggendomi nel pensiero lei mi prese la testa e con decisione me la spinse in basso. In ginocchio, baciai il nettare degli Dei. La mia lingua avida si mosse prima dolce e poi frenetica e poi di nuovo dolce, mentre le labbra lo stringevano come per strapparlo. Un sussulto, poi un altro, lei cominciò a muovere il bacino a tempo col suo respiro sempre più veloce e breve. Le diedi un attimo di tregua e mi spostai in basso, infilandomi in quel pertugio che da qualche notte andavo sognando. Assaggiai il suo sapore più intimo e lo trovai meraviglioso come lo aspettavo. Ingordo, la esplorai fin dove potei arrivare, prima che le sue mani mi facessero capire che le mie attenzioni dovevano tornare di sopra, a quel clitoride regale che pulsava davanti ai miei occhi. Lo baciai ancora e ancora, finché non la sentii venire in preda agli spasmi e a dolci gemiti.
Stavo per riemergere da là sotto, soddisfatto del mio lavoro, quando di nuovo le sue mani mi spinsero giù di nuovo. Ne voleva ancora, insaziabile e bellissima. Ricominciai terribilmente ...