1. Gioie dell'autostop - 2


    Data: 07/07/2019, Categorie: Gay / Bisex Autore: adad

    ... ricordasse per sempre. Lo succhiai con passione, godendomi e facendogli godere ogni momento, assaporando ogni goccia del sugo denso che continuava a spurgare e cercandone il sentore fin nelle pieghe del prepuzio.
    
    Il suo corpo fremeva, i suoi gemiti osceni erano benzina sulla mia lussuria. “Ohhh… succhia, bocchinaro…”, lo sentivo mormorare, perso nel suo piacere. Poi le palle sentii che cominciavano a incordarglisi, il cazzo si tese, i suoi fremiti si fecero scomposti, il respiro più pesante. “Sborro, cazzo! Puttana d’un frocio!” urlò all’improvviso e il suo cazzo ebbe uno scatto, sparandomi in bocca una schizzata di sborra. Nello stesso momento, mi afferrò la testa con le mani e me la tenne stretta a sé. “Bevila tutta adesso, porco bocchinaro! Bevila tutta!”
    
    E io la bevvi tutta e, del resto, tutta l’avrei bevuta anche se non mi avesse tenuta bloccata la testa. Me lo tenni in bocca a succhiargli fino all’ultima goccia, finché non fu molle, allora glielo adagiai sul cuscino di peli e mi volsi a sorridergli.
    
    Aveva l’aria ancora stravolta dall’orgasmo, ma mi sorrise e mi fece l’occhiolino. Rimase disteso in tutta la sua meravigliosa nudità, finché non ebbe ripreso fiato.
    
    “Ne valeva la pena prendermi su?”, chiese con tono scherzoso.
    
    “Altroché! – risposi io, tirandomi su, dopo avergli dato un ultimo bacio sul pisello esausto – Se mi dici dove fai l’autostop, passo a rimorchiarti tutti i giorni!”
    
    Sergio scoppiò a ridere pure lui.
    
    “Se lo sapessi…”
    
    Si tirò ...
    ... su, raccolse i boxer e se li infilò.
    
    “Forse è il caso che mi rimetto anche i jeans.”, disse e li tirò fuori dallo zaino.
    
    Gli passai una borraccia termica. Lui bevve un lungo sorso d’acqua fresca e me la porse. Bevvi a mia volta ed ebbi la sensazione di sentire la dolcezza della sua saliva attorno all’imboccatura della borraccia.
    
    Risalimmo in macchina e tornammo sulla statale. Guidai per un altro paio d’ore: chiacchierammo del più e del meno, ma senza quella provocante spigliatezza di prima. Era ormai il tramonto, quando arrivammo a ***. dove abitavo.
    
    “E’ qui che ti fermi, vero?”, fece lui.
    
    “Sì”
    
    “Beh, puoi lasciarmi qui, allora. E grazie di tutto.”
    
    “E cosa fai adesso?”
    
    “Mah, forse riesco a fare un’altra po’ di strada, poi mi sistemo da qualche parte.”
    
    Il cuore prese a battermi forte.
    
    “Senti, - gli dissi – è quasi notte, ormai. Puoi fermarti da me, se vuoi… Vivo da solo, non c’è problema.”
    
    Lo vidi esitare, mentre mi fissava con l’occhio di nuovo sbarazzino.
    
    “Ti fai una doccia, - continuai speranzoso – mangi qualcosa, ti riposi stanotte e domani mattina riparti con calma.”
    
    “Hai voglia di succhiarmelo ancora, vero?”
    
    Scoppiai a ridere sollevato.
    
    “Beh, se me lo concedi un’altra volta, non dico certo di no!”, scherzai sentendomi trafiggere dalla fitta di un dolore sordo al basso ventre: appena a casa avrei dovuto farmi una sega.
    
    “Affare fatto, amico!”, fece lui, dandomi il cinque.
    
    Raggiungemmo casa mia, una villetta in periferia, ...