Verso odeldölsa parte 1
Data: 19/02/2020,
Categorie:
Lesbo
Autore: IlLupo85
Gli occhi si aprono piano. Il rumore rimbomba nelle orecchie come se fossero passate ore ed ore e probabilmente così è. Mentre osservo il luogo in cui mi trovo m'accorgo di essere in viaggio su qualcosa che somiglia vagamente ad un furgone cabinato, ma molto molto strano. E' infatti suddiviso in due parti, e un vetro mi separa da un piccolo androne in cui c'è una sedia e sopra di essa un uomo in assetto antisommossa silente ed intento a guardare a terra mentre i miei occhi azzurri osservano tutt'attorno il lamierato scuro imbottito e, solo allora, mi rendo conto che delle manette cingono le mie mani. A terra poco distante un foglio di carta giace incustodito; stordita che fatico ancora a mettere a fuoco striscio verso quel foglio allungando le mani legate per afferrarlo e rapidamente lo avvicino posandolo sulle gambe. E' in quel momento che mi rendo conto di aver indosso ancora il vestito di raso rosso con lo spacco della sera prima. Si della sera prima, perchè dalla piccola feritoia sulla parte superiore del furgone entrano insistenti raggi di luce, segno che son passate parecchie ore dai miei ultimi ricordi. Mi stroppiccio appena gli occhi così da poter mettere a fuoco le parole che compongono le poche righe del foglio che non porta marchi, stemmi o altro, solo una data ed il mio nome "..ordine di trasferimento presso Centro di recupero Odeldölsa per la Sig.ina Elisabeth Sverdkvist.". Il panico.
Una scossa elettrica mi percorre tutta la schiena e per qualche istante ...
... il cuore inizia a battere in preda al pieno terrore e capisco che qualcosa non va, nonstante sul giubbotto imbottito dell'uomo dall'altra parte del vetro si possa leggere senza fatica "Polizia". A nulla servono le mie grida, le mie imprecazioni mentre a mani legate batto su quel vetro antisfondamento crecando risposte da quell'uomo dal volto coperto da caschetto ed occhiali scuri protettivi che, sempre silente, non fa una piega e prosegue ad osservarsi i piedi noncurante di ciò che gli accade intorno. "Stai calma..stai calma.." mi ripeto.
Dopo qualche minuto ritrovo lucidità e torno seduta nell'angolino imbottito e sollevando lo sguardo alla feritoia cerco di capire dove mi trovo, ma solo il bianco del cielo ne fa da padrone e dai sobbalzi del furgone posso solo dedurre che mi trovo su d'una strada sterrata.
Ammanettata ed impotente, cerco di far mente locale ed i ricordi, finalmente riaffiorano.
Mi trovavo a Stoccolma, al di fuori del parco dello Skansen quando suonò il cellulare e dopo una rapida ricerca nella borsetta sullo schermo apparve il nome di Inge, la mia cara amica e coinquilina. Avevamo appuntamento al parco per poi andare insieme al Kvelle, un locale della città nuova molto frequentato nel week-end, ma Inge m'informava che avrei dovuto raggiungerla al posto a causa di un imprevisto e la sua voce sembrava allegra e spensierata. Al rapido richiamo di un Taxi e una manciata di minuti di viaggio arrivai al locale che si presentava già con molta gente al di ...