1. "E dire che ti odiavo" parte 1


    Data: 01/05/2021, Categorie: Etero Autore: Isabella91

    ... seguirlo in ogni suo movimento, nemmeno fossi stata al primo anno, sentendomi uno stupido cane denigrato dal suo padrone. Finalmente mi rivolse la parola: “Su, vai a misurare le pressioni. Fai dalla stanza 1 alla 5”. Ecco che si toglieva dai piedi la studentessa bambinetta. Mi sembrava quasi di leggere il sollievo nel suo volto impassibile. A fine turno se ne andò senza salutarmi. Io andai a casa con il petto rigonfio di stizza e frustrazione. Chiamai un’amica fidata e piangendo dalla rabbia le raccontai di quello stronzo di infermiere a cui mi avevano affibbiata, un “uomo orribile”. Lo definii proprio così. Lo odiavo, lo detestavo. Mi chiedevo come uno del genere potesse trovare una donna o tantomeno degli amici. Il giorno seguente mi presentai in reparto già nervosa e sulla difensiva. Riccardo stava prendendo le consegne. Non alzò nemmeno la testa per guardarmi. Strinsi un pugno dentro la tasca della divisa. Sentii le arcate dentarie premere una contro l’altra per la tensione. La caposala mi chiamò nel suo studio, poco prima di andarsene, per poi chiamare anche lui. “Ti affianco a Riccardo per tutto il mese, va bene?”. Rimasi inespressiva. Va bene? No che non andava bene. Non andava bene per niente. Non avrei imparato nulla da quella testa di cazzo, sarei uscita da qui senza un briciolo di formazione, avrei subito quotidianamente tutta la sua indifferenza. “Certo”, mi uscì dalla bocca. Me ne andai dalla porta in silenzio, a culo dritto, impettita, furiosa. Iniziammo a ...
    ... distribuire la terapia, ovviamente senza parlare se non per delle minime direttive organizzative. Lui prendeva i farmaci, mi porgeva la garzina che li conteneva e mi diceva il nome del paziente. Ormai ero rassegnata. Sarebbe stato un mese d’inferno. I giorni seguenti non furono molto diversi. La mia frustrazione aumentava, i silenzi da insostenibili stavano diventando ormai un’arrendevole abitudine. Più desideravo la fine di quel periodo, più mi sembrava lontana. Tutto restò invariato fino a quando non accadde il fatto che suggellò inspiegabilmente il mio cambiamento: Nadia, l’anziana signora delle pulizie, una mattina buttò sottovoce una battuta ambigua a Riccardo. Lui l'accolse di buon grado, rispondendole a tono con un’ironia sagace ed erotica che non mi sarei di certo aspettata da un villano come lui. Era evidente: quella donna vecchia lo desiderava. Questo non era possibile. Da quel giorno, non so come, mi ritrovai a voler capire con ostinazione che cosa mai si potesse desiderare di quell'uomo ostile e superficiale. Accanto a lui, accostata al carrello della terapia, mi imposi di respirare più profondamente per cogliere il suo odore. Mi stupii scoprendo che avesse un buon profumo. Gli osservai le mani, e vidi che aveva le unghie curate, limate, e di una forma piacevole. Finalmente mi guardò negli occhi, solo per un attimo. “A Nadia piacciono i ragazzi giovani”, e ridacchiò. Mi accorsi che i suoi occhi erano verde bottiglia, e che aveva anche un bel naso. E che il suo viso, ...