Racconto triste, nero come la notte
Data: 23/08/2021,
Categorie:
Sesso di Gruppo
Hardcore,
Dominazione / BDSM
Autore: antonio_fusco, Fonte: xHamster
... quello delle altre due. Accasciatami poi a terra mi resi conto che, nonostante fossi ora decisamente più sudata, mi sentivo anche rinfres**ta e mi preparai per andare in doccia, custodendo gelosamente in me il segreto di quella visione proibita, che con un po’ di fortuna avrebbe potuto ripetersi nel corso di quell’estate.15AlinaParte IAlina lavorava in un bar poco fuori del centro, uno di quei locali di campagna che sembrano dimenticati da Dio, ma che in realtà, una volta che ci sei entrata, scopri essere grandemente frequentati. Una collina verdeggiava a qualche centinaio di metri dal bar, rendendo oscura l’atmosfera, quando la sera il sole scompariva precocemente dietro la gobba verdeggiante. Qualcosa di magico risiedeva tra le fronde degli alberi che si agitavano di fronte al bar di Alina, mentre il vento soffiava impetuoso e le nubi sembravano correre alla velocità della luce. “Come sei bella”, pensai fra me e me incantata, la prima volta in cui vidi Alina e la sorpresi a ridere timidamente sotto gli sguardi maliziosi di certi clienti. Quei suoi occhi azzurri erano gelide perle preziose. La pelle lattea e i capelli biondi la facevano sembrare una specie di divinità lunare. “Sei così bella che per te potrei anche fare una follia”, avevo pensato. Ma le due volte successive in cui tornai a bermi una birra al bar, appositamente per vedere lei, non mi riuscì ancora di fare alcuna follia. Nell’avvicinarmi al banco per sondare il terreno ero rimasta terrorizzata da quello ...
... sguardo glaciale e bollente al tempo stesso, che sembrava volermi stringere in una morsa di ghiaccio e fuoco. Così avevo desistito e confinato Alina nelle zone più ombrose e intime della mia immaginazione. Ma un venerdì sera, dopo una giornata lavorativa decisamente poco gradevole, durante la quale stavo per mettere le mani al collo al mio capo, mi recai al bar e mi sentii rinascere nel vedere Alina sorridere alla cameriera che per pochi spiccioli le dava di tanto in tanto una mano.“Una birra?”, chiese Alina quando vide che mi trascinavo al banco. “No, ti ringrazio”, sorrisi, “stavolta ho bisogno di qualcosa di diverso, dammi una vodka”.“Ah, ottima scelta, ho una vodka che mi ha inviato mia madre”, esclamò col suo accento russo.“Bene, mi piace”, sorrisi, sentendomi già ebbra prima di iniziare a bere, “viene dalla Russia quindi?”.“Eh, si”, sospirò lei in un modo che sembrava nascondere una grigia malinconia. Alina mi porse un bicchierino di vodka secca e tornò a maneggiare bicchieri e bottiglie, mentre il suo sorriso si spegneva lasciando il posto ad un’espressione di triste amarezza. Nel vederla così incupita ebbi l’impulso di correre dietro il banco per stringerla a me. Quel pensiero, unito al primo sorso di vodka, mi fece sentire un calore interno che mi diede una specie di stimolo a reagire. “Ti manca il tuo paese?”, chiesi.Lanciandomi uno sguardo fugace, Alina sorrise, ma non rispose, come volesse sorvolare. Fissandola mentre andava a servire ad un tavolo, mi accorsi che ...