1. Pagina di vita, la donna di Bogotà


    Data: 09/01/2018, Categorie: interviste, Autore: Tibet

    ... che sei morta. In un tempo lontano, in un paese lontano. Non puoi essere tu. Sei adulta, allora eri giovanissima. E' il giorno che precede il mio ritorno in Europa, ho appena confermato il volo. Mi alzo e ti seguo, guardo il tuo culo, e' il suo culo, indossi una tunica da spiaggia leggerissima, in trasparenza si vede il filo del perizoma e le tue natiche piene. Da questo momento sono la tua ombra. Sei al tavolo con un'altra donna che ti assomiglia, tua sorella? Due anziani, i tuoi genitori? E due bambini, uno dei quali evidentemente tuo figlio. Tuo figlio. Mi ricorda un bambino mai nato. Ora voglio credere che per un miracolo, per una ragione occulta, incredibile, impossibile, tu possa rivivere in lei. Che il destino ti abbia voluto portare qui per poterti finalmente chiedere perdono. Per avere l'oblio. Sono la tua ombra in quel giorno, in spiaggia, in piscina, a cena, vedo che ti ritiri con il tuo bambino, ti aspetto la mattina seguente, voglio un minuto, un minuto solo per poterti parlare, vedere se il miracolo esiste. Un minuto da sola. Ti osservo mentre fai ginnastica sulla spiaggia. Sei sulle ginocchia e ammiro il tuo culo. Ammiro il tuo corpo. Guardo i tuoi capelli e i tuoi occhi neri. Ti ammiro mentre alzi le braccia, le fletti e ti pieghi ancora. Forse mi hai notato, ma probabile che mi consideri solo un qualcuno che cerca di agganciarti. Faccio velocemente la valigia. Ancora una volta sono stupido, faccio cose che poi rimpiango amaramente d’averle fatte. Non riesco ...
    ... a trovarti sola. Faccio portare la valigia all'ingresso e saldo il conto. Faccio chiamare un taxi. So che sbaglio, so che dovrei restare, ma perché mi comporto così? Quale e' il motivo per il quale sbaglio sempre? E' una vita che sbaglio. Ti cerco ancora, sono le due del pomeriggio e ti vedo. Stai attraversando la teorrazza delle piscine. Evidentemente vai verso la tua camera. Mi precipito e ti chiamo. -señora ... con mucho respeto- Lei si volta, mi guarda, gentile, disponibile. -perdón solo una palabra- Lei mi guarda interrogativa. -Usted ... me recuerda a una mujer que amé inmensamente ... Una mujer tan hermosa como usted ... igual, dios ... si la amaba ...- La sua risata, bellissima. Come descrivere la sua risata? Sembrava di piacere, di partecipazione come se mi avesse capito. Le prendo la mano, gliela bacio e la lascio. Perché? Perché…!? Potevo restare, avere conferma. Poi il taxi, l'aeroporto e la perquisizione alla quale mi sottopongono mi fanno per il momento scordare quel momento. E' con sollievo che salgo sull'aeromobile. Sollievo di essermela cavata. Maledico ancora Don Celestino, vecchio infame. Ma poi, a distanza di una mezz'ora, il ripensarci. Il dolore immenso. Il chiedermi perché non mi sono fermato e non le ho parlato ancora. Ora il dubbio non e' chiarito, rimane. Mi dicevo che dovevo restare, essere certo che non potesse essere lei, si... perché ancora credo, spero, che era lei e con quella risata mi diceva che mi perdonava, che era felice, la' dove e' ora, ...