Lo psicopatico - capitolo 3
Data: 16/01/2018,
Categorie:
Etero
Autore: Koss99
Marina stava soffrendo, ma stava anche godendo e stava godendo più di quanto stesse soffrendo.
Il suo Padrone l’aveva imbracata e la teneva sospesa all’altezza che gli veniva più comoda per infilzarla.
Una catena pendeva da un robusto gancio fissato sul soffitto, la catena terminava su un’intelaiatura di ferro fatta di due lunghe barre disposte a X e alla quale erano fissate due larghe cinture di cuoio, due cavigliere e due polsiere che avvolgevano e tenevano sospeso il voluttuoso e splendido corpo di Marina. Una rossa di una bellezza sconvolgente. Un corpo bianco latte, cremoso, sinuoso, morbido, formoso, tutto curve. Un viso incorniciato da una splendida chioma rossa, occhi celesti che a volte tendevano al viola, labbra carnose, quando sorrideva sulle guance venivano fuori stupende fossette che la rendevano irresistibile. Una splendida quarantenne.
Le fasce di cuoio passavano sotto il seno e sopra il bacino della schiava, polsiere e cavigliere racchiudevano polsi e caviglie della schiava, che rimaneva sospesa ad un metro circa di altezza con il viso rivolto al pavimento. Non era la prima volta che la schiava veniva messa in quella posizione. Il Padrone la faceva distendere a faccia in giù sul pavimento, la imbracava in quella o in altre posizioni e poi con l’argano la tirava su fino all’altezza desiderata.
Questa volta l’aveva imbracata nel modo descritto e poi l’aveva portata ad un metro circa di altezza. Una posizione comoda. Per lui o per quello che ...
... intendeva farle.
Il suo Master si chiamava Marco. Anche lui un quarantenne. Ma più vicino ai quarantacinque, qualche anno più di lei. Alto e prestante, con i capelli cortissimi leggermente spruzzati di grigio, ma con ancora molto nero, occhi grigi ed implacabili che la trattava come un giocattolo messo al mondo per il suo divertimento.
Ma bisogna ammettere che, del suo giocattolo, Marco aveva molta cura.
Un’ora prima Marco era sceso nel seminterrato dove aveva lasciato Marina per oltre mezz’ora legata, in piedi, a quel gancio, con le braccia tese in alto. La schiava era rimasta in tensione, sulla punta dei piedi, per tutto il tempo. Quando lui era ritornato giù lei era stremata. Lui si era avvicinato come un gatto fa con un topolino e le aveva sollevato il viso. L’aveva baciata sulle labbra e l’aveva accarezzata lungo tutto il corpo strizzandole i capezzoli. Lei nonostante la sofferenza lo desiderava tantissimo e tremante si era protesa verso di lui per farsi baciare ancora, ma Marco si era negato al suo ardore e l’aveva schiaffeggiata in faccia. Piccoli schiaffetti che l’avevano umiliata, lei si offriva e lui la respingeva, lei lo voleva e lui si negava. La topolina non si era fatta scoraggiare, con il corpo tremolante e bellissimo si era protesa ancora verso il Padrone, agognava i suoi baci e le sue ruvide carezze. Allora lui aveva allentato la corda che scendeva dal gancio e finalmente Marina aveva potuto appoggiare i piedi per terra, era alta sui tacchi vertiginosi, ma ...