1. Le pieghe del tempo


    Data: 28/02/2018, Categorie: Etero Autore: Beinhorn

    ... stendermi.Era appena tornata a casa dopo un nostro incontro. Probabilmente avevamo appena fatto sesso, il sesso tra noi era selvaggio e irrefrenabile come due animali che conoscono bene l’evanescenza dei sentimenti e, consci di questo, ne impregnano le occasioni di vitalità. Entrambi, quella sera, si intuiva dalle note, subivamo ancora un hangover di ripetuti orgasmi e della lontananza forzata che avremmo dovuto sopportare per i prossimi giorni prima di rivederci. L esordì dicendo che era a letto, dopo aver fatto la doccia ed avere indossato una lingerie che mi dava di matto.Ora, io ho sempre avuto una passione smodata per le donne che si mettono un intimo provocante ed elegante e devo dirvi che L ci sapeva fare. Sapeva come annichilire questo mia flessione attraverso la sua personale guerra lampo fatta di provocazioni e messaggi non detti. Corpetti e reggicalze erano un “must” nei nostri incontri. Radeva al suolo qualsiasi rimostranza, qualsiasi pensiero grigio o triste o le fatiche di tutti i giorni. Una fissione nucleare basata su lacci e pizzi, su trasparenze e colori sofisticati. Rimaneva una landa desolata attraversata dalla voglia di averla.Quella sera probabilmente mi aveva mandato una foto di lei. Chissà che fine avrà fatto quella fotografia.Me la immaginai, tra la fantasia di adesso e i ricordi appannati di quel momento. Distesa nuda, tranne un reggicalze slacciato di pizzo nero, tra lenzuola bianche, le pareti sullo sfondo gialle. Le labbra carnose del suo sesso ...
    ... in primo piano. I seni magnifici sfocati nella profondità di campo. La sua mano libera sul monte di venere. O forse più giù, nel tentativo di farsi strada dentro di sè.La nota vocale proseguì descrivendo una situazione sempre più spinta. Descrisse di avere impugnato un grosso dildo, leccarlo come se fosse il mio sesso e infine strofinandoselo sulle labbra. Disse di sentire ancora l’odore del mio seme.E poi cominciò, prima ad ansimare, poi a gridare. Dapprima il ritmo fu lento poi sempre più veloce. Urlava il mio nome. Mi immaginavo l’attrezzo febbrile scorrere nella sua fica.Le note vocali erano brevi e convulse. E frenetico fu anche il mio scorrerle, impaziente di sciogliere i nodi grippati dal tempo passato. Impaziente di assaporare di nuovo quelle emozioni ormai indistinte e arrugginite.Le note che seguirono furono varie, una decina appunto. Immaginai anche la costanza e l’impegno necessario per tenere in una mano il telefono e l’altra dedita a tuffarsi nel piacere personale.In un impeto di freddezza potei pensare che stesse fingendo, dopotutto non ero presente, dopotutto i sentimenti verso di lei erano ormai rarefatti. Non fui davvero certo della loro imponenza di quei giorni, così lontani. Tuttavia, a distanza di anni, la voce e la concentrazione che l’atto richiedeva mi sembrarono veri, reali. Forse, posso dirlo, soltanto ora capivo l’assoluto valore delle sue intenzioni, del desiderio, della nostra passione e del nostro, sì, in qualche modo doveva esserlo, amore. Non ...