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La Capa
Data: 12/03/2018, Categorie: Etero Autore: Zeppo
Lavoravo in quell'ufficio ormai da 5 anni ma non mi era mai capitato di lavorare con lei. Lei è Susan. Australiana trapiatanta in Italia, donna in carriera, folta e riccia chioma rossastra, porta i suoi 48 con classe e charme. Ma nonostante questo è una donna piuttosto dura con cui lavorare.Comunque il tutto nasce quando il Direttore mi chiamò e disse che: ”.. c'è un nuovo incarico. Niente di impegnativo, 2 giorni di lavoro. Si tratta di visitare un cliente a Brescia e stipulare un contratto secondo una serie di clausole, bla bla.... il lavoro lo seguirai sotto la supervisione di Susan...blabla..” e continuò a riempirmi la testa di dettagli che ignorai. La mia mente si era focalizzata su “supervisione di Susan”L'incazzatura era montata pesantemente, primo perchè pensavo di essere cresciuto abbastanza da avere la mia autonomia e non avere bisogno di un supervisore; secondo perchè correva voce nei corridoi che questa Susan fosse una gran rompicoglioni.Sta di fatto che in quella situazione non avevo scelta e mi sarei dovuto adattare alla situazione.Arrivai a Brescia il primo giorno di lavoro, mi presentai ai responsabile dell'azienda cliente. Mi consegnarono le carte che avrei dovuto visionare e mi mesi subito al lavoro.Mi misero a disposizione una sala riunioni circondata da pareti di vetro.Susan arrivò a metà mattinata e sembrava già di pessimo umore. Le offrii un caffè e lei mi raccontò di tutti i casini che ha avuto durante la mattinata, traffico, del fatto che era ...
... arrivata solo a metà matinata ecc... ecc..Appena dopo il caffè inizia a rivedere il mio lavoro. “Nel complesso un buon lavoro, ma direi che come taglio non ci siamo”. Segnò una serie di correzioni al testo che stravolgono completamente il documento e stimo mi porteranno via tutta la giornata. Ma la cosa che mi fece uscire pazzo è quel atteggiamento paternalistico, che sottointende “adesso ti insegno io come si lavora”.Insopportabile. Provai a dire la mia ma invano. Anzi ogni tentativo di discussione faceva sorgere nuove modifiche, nuove cose da fare, nuove frasi paternalistiche. Insomma nel giro di qualche minuto mi ero ritrovato coperto di una montagna di lavoro da fare.Mi colpi il fatto che però durante quell'accesa discussione avesse ripetuto un paio di volte ”vedi non devi aver paura di cambiare, di accettare le novità”... li' per li' non detti peso alla frase.Mi rassegnai e a testa bassa iniziai a lavorare.Lei si attaccò al telefono e iniziò un fiume di telefonate.Il primo segno che Susan non fosse come me l'ero aspettata lo ebbi a metà del pomeriggio.I responsabili dell'azienda ci invitarono a prendere un caffè. Ci sedemmo nella sala relax dell'ufficio. Mentre sorseggiavo il caffè, realizzai che Susan parlava con una voce più suadente del normale.Alzai gli occhi e mi resi conto che un bottone della sua camicetta si era magicamente slacciato.Affondando i miei occhi nella sua scollatura capii non averla mai osservata sotto quel punto di vista e quello che lasciava intrevedere ...