Lo scrigno
Data: 16/03/2018,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: fabrizio
Però - disse il mio amante - strano ma davvero eccitante… Mi afferrò le caviglie e se le pose sulle spalle; mi divaricò leggermente e mi entrò dentro. Facemmo l’amore molto lentamente, gli occhi negli occhi. Lui venne riempiendomi. Io venni aspergendolo. Quando arrivò il messaggio della grande ditta di vendite online, mi chiesi se fosse veramente quello ciò che volevo: aprire lo scrigno che per quarant’anni era rimasto chiuso in un angolo della mia testa. Pensai che in fondo avrei avuto ancora altre possibilità di fermarmi. A tutti piace pensare a queste cose a come una scala, e che ogni scalino dia la possibilità di fermarsi, girarsi, e tornare indietro; invece sono piani inclinati, che una volta imboccati è impossibile smettere di scivolare fino al fondo. Per anni avevo evitato di imboccarlo: prima il rispetto dell’autorità, poi la vergogna, poi altri sentimenti, altre storie, altre situazioni, e l’alibi che ogni momento non fosse quello giusto. Il passaggio successivo fu andare alla Posta e ritirare il pacco. Lo scossi. Era pieno. Il passato risuonava nella scatola. Ora? Dopo? Mai? Scivolo... Strappo l’involucro di plastica che avvolge il pacco. Una carta dorata. Una pungente puzza di colla. Mi tremano le mani. Scendo un altro scalino. Sfilo il coperchio. Una cartolina di ringraziamenti per l’acquisto, in inglese e cinese. Una vezzosa rosa di carta rosa. Un ultimo diaframma di carta velina mi separa dal passato. Ho tredici anni, e da sempre gioco ad indossare i vestiti ...
... di mamma. I miei lavorano, passo molto tempo da solo in casa. Lunghi pomeriggi di quarant'anni fa senza TV, cellulari, internet. Indosso calze di mamma. Mi trucco col rossetto di mamma. Mi acconcio i capelli con la lacca di mamma. E poi mi specchio, e mi vedo donna. Come mamma. Rientra papà, e mi vede. Farfuglio qualche spiegazione. Lo schiaffo arriva bruciante. Basta calze. Basta rossetto. Basta lacca. Nel giro di un attimo rinchiudo me stesso nello scrigno e il mio simulacro diventa uomo. Studio. Lavoro. Ragazze. Vita, approssimativamente. La guancia mi brucia ancora per lo schiaffo. Ripercorro la mia vita innaturalmente raddrizzata secondo decenza, consuetudine, normalità. E la mia follia nell’intercapedine fra ciò che sono e ciò che appaio, quella follia che mi ha permesso di sopravvivere zavorrato da una guancia che brucia e uno scrigno sigillato. Scosto la carta velina e vedo le chiavi che aprono lo scrigno. Le accarezzo con quella delicatezza e dolcezza con cui avrei voluto essere carezzato. Le studio con quell’attenzione e curiosità con cui avrei voluto essere ascoltato e capito. Scendo l’ultimo scalino, e piango. Piango per ciò che è stato, piango per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, piango per ciò che, forse, potrà ancora essere. Forse tutto è perduto. Forse molto è perduto, ma quel che resta è tutto ciò che mi resta. Ad esempio, che la guancia smetta di bruciarmi. Arrivato a casa, appoggio la scatola in salotto, e interpreto la solita esistenza: la ...