Come parlarne? - Capitolo V
Data: 17/09/2017,
Categorie:
Feticismo
Autore: VB1977, Fonte: EroticiRacconti
Quando rimasi solo, iniziai a cercare una posizione comoda in cui stare, ma fu impossibile. La corda girava un paio di volte intorno alla parte alta delle decorazioni centrali in ferro battuto della testiera del letto, cosicché le braccia dovevano stare obbligatoriamente in una posizione di circa trenta gradi rispetto alla linea orizzontale del materasso. La corda poi legava i miei polsi stretti al ferro bloccandoli in modo tale da rendere impossibile alle mie dita di raggiungere i nodi della corda, posti alla base dei polsi, ma anche togliendomi la possibilità di girarmi prono, senza il rischio di lussarmi una spalla . I legami non erano così stretti da creare problemi di afflusso sanguigno, ma abbastanza da impedirmi di liberarmi sfilando o tirando le mani. Ciò che più mi impressionò però, fu rendermi conto che questi legami non erano l’opera di una persona che la mattina si sveglia e decide di fare un gioco. Qui c’era lo studio di una mente subdola, che voleva ottenere uno scopo: rendere la posizione fastidiosa. Non c’era una vera e propria crudeltà. Non c’era dolore fisico. Solo la costrizione di un legame che obbliga a rimanere svegli, a continuare a cercare una posizione migliore senza riuscire a trovarla. Non ci si può distendere completamente perché le spalle iniziano a dolere. Non ci si può sedere per lo stesso motivo. Sotto di me avevo un copriletto di raso, o seta. Non conosco bene le stoffe, ma una cosa la imparai. Quella stoffa mi faceva scivolare giù, così come ...
... le sabbie mobili fanno affondare. Più mi muovevo, più scivolavo verso il centro del letto. Per poi ritrovarmi a dover tornare in posizione facendo leva con i piedi. Non c’era una posizione comoda che potessi mantenere. Debora lo sapeva. Capii pienamente le parole che aveva detto. Mi fermo, ti penso e godo del potere che ho su di te. Posso scegliere di tornare, ma per capriccio decido di non farlo. Sapeva che stare in questa situazione mi avrebbe presto portato a pregare che tornasse. Evidentemente le dava piacere giocare come il gatto con il topo. Era un suo lato che non conoscevo. O forse lo metteva in atto in modo più blando quando ci sfidavamo di fronte ai videogiochi? Ora però non c’era più una situazione preimpostata da qualche programmatore, stavolta era stata lei a crearla, a decidere le condizioni del gioco, quindi sicuramente ne avrebbe tratto più piacere. Ma dove aveva imparato a creare questi nodi? Non è una cosa che puoi fare senza una certa pratica. Non sopportavo più quella situazione. Che ore erano? Voltai lo sguardo verso la sveglia sul comodino. Erano le… Era girata. Non potevo vedere il quadrante. Ruggii di frustrazione, gridando “ti supplico, torna!”. Ma non accadde nulla. Arrivò quindi un pensiero. E se lo raccontasse alle sue amiche? Poi un altro. E se invece non fosse con le sue amiche? Poi un altro ancora. E se non fosse davvero felice con me, se tutte le mie paranoie la allontanassero? Iniziai a battere i piedi sul letto a causa del nervoso. Ottenendo ...