1. Come parlarne? - Capitolo V


    Data: 17/09/2017, Categorie: Feticismo Autore: VB1977, Fonte: EroticiRacconti

    ... come risultato di finire al centro del letto e sentirmi tirare le braccia. Mi sentii all’interno di un incubo. Debora dove sei? Il tempo passava, ma quanto ne passava? Tutto quel movimento mi mise sete. Una nuova tortura. Quando non hai nulla da fare, ti accorgi subito delle tue necessità. Diventano un problema da risolvere in fretta, perché catturano la tua attenzione e ti costringono a chiederti costantemente “Come faccio? Come lo risolvo?”. Mi agitai ulteriormente. Iniziai a tirare le mani più che potevo, tentando di liberarmi, ottenendo solo di farmi del male. Gridai di rabbia. Poi presi un respiro profondo. E un altro. Quindi mi calmai. Realizzai che nulla sarebbe cambiato continuando ad agitarmi e arrabbiarmi. Avrei solo avuto più sete e avrei passato un brutto pomeriggio. Cercai di trasportare i miei pensieri su acque più tranquille. Intanto misi nella lista delle cose da fare che mi sarei dovuto sistemare sul letto regolarmente. Facendolo in modo costante e a scadenza regolare, avrei potuto ottenere che diventasse quasi un gesto spontaneo e naturale, ottenendo di non doverci pensare più troppo. Il problema della sete non potevo risolverlo, ma avrei potuto limitarlo rimanendo calmo. D’altronde dovevo accettare di essere prigioniero di Debora e fino a quel momento non lo avevo fatto. Per un attimo Immaginai che lei pretendesse un tributo prima di liberarmi. Che le baciassi i piedi e mostrassi con la lingua la mia sottomissione e la mia accettazione del suo potere. Mi ...
    ... piacque pensarlo, anche se non vedevo quel comportamento nel suo carattere. Quando mi aveva legato avevo voluto prenderla come se fosse un gioco, e che come tale, mi sarei divertito. Invece non era un gioco divertente. Era una situazione nella quale una persona gode nell’esercitare il proprio potere su un’altra. Un po’ come nelle mie fantasie quando la datrice di lavoro provava piacere nel costringermi a leccarle i piedi per non perdere il lavoro. Anche lei esercitava il proprio potere, godendone. Eppure era una fantasia in quel caso, tutto andava come io volevo, lei non esisteva e non c’era alcuna mia sofferenza vera. Ma questo ragionamento mi portò ad immaginare di nuovo Debora, così come l’avevo descritta in un discorso fatto proprio con lei. Vestita in pelle, stivali alti, rossetto nero, aggressiva. Una pantera pronta a prendere e trasmettere piacere. E mi piacque. L’idea mi fece impazzire. Anche se avrei messo la mano sul fuoco sul fatto che Debora non fosse una persona aggressiva. Anzi, quel pomeriggio, senza di lei, affrontai tra me le questioni che più mi pesavano, creando delle basi che mi permisero di dare finalmente a Debora una fiducia che, ingiustamente, non le stavo dando. Mi convinsi che fosse uscita con le ragazze e mi avesse detto la verità. Non aveva proprio senso che le coinvolgesse affinché loro mi mentissero per coprirla, allo scopo di avere del tempo da passare con qualcun altro. Dovevo credere che aveva studiato quei nodi così precisi solo per sostenere ...
«1234...13»