1. Il giudizio di paride - 5, la fine


    Data: 04/09/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: adad

    Il resto è storia: Elena, furibonda verso i Troiani convocò un concilio dei dinasti Achei e li convinse ad unirsi in una forte coalizione per vendicare l’oltraggio che tutti loro avevano subito. Fu Agamennone, fratello del rapito ad averne il comando.
    
    Troia venne assediata e per dieci anni gli eserciti si scontrarono sotto le sue mura, mettendo alla prova il reciproco valore. In tutti quegli anni, Menelao combatté con tenacia al fianco dei Troiani, che dal canto loro mai lo ritennero responsabile delle loro sofferenze; né mai, neanche nei momenti più difficili della guerra era venuta meno la passione che univa i due amanti: quando uno dei due rientrava ferito dalla battaglia, erano i baci e le tenerezze dell’altro il balsamo guaritore.
    
    Infine, il vendicativo Efesto suggerì ad Ulisse l’inganno del cavallo e la città fu perduta. Appena Apollo ebbe sentore di quanto stava accadendo nel campo Acheo, corse dal Re degli dei per protestare contro il gioco sporco di Efesto a danno dei Troiani.
    
    “La città è condannata. – gli rispose però Zeus Tonante – Così era scritto fin dall’inizio dei tempi. Anche se volessi, non potrei mutare quanto le Parche hanno tessuto. La città è condannata. Ma non tutti periranno, figlio mio. – proseguì, fissandolo intenzionalmente negli occhi – Non tutti. Così ho stabilito.”
    
    Apollo chinò la testa a quel responso e si affrettò per salvare almeno il salvabile.
    
    Poi il cavallo fu pronto e gli Achei lo abbandonarono sulla piana di Troia e ...
    ... inscenarono la falsa partenza. Quando i Troiani uscirono festosi e decisero di portarlo in città quale voto ad Atena, Menelao cercò invano di fermarli, mentre abbattevano le porte e le mura per farlo passare. Ma nessuno ascoltò i suoi ammonimenti, tranne Laocoonte, che pagò con la vita la sua assennatezza: gli altri erano ormai persi nella follia che gli dei accendono nel cuore degli umani, quando è il momento di perderli.
    
    Le feste, i canti, le danze dei Troiani impazziti durarono tutto il giorno, mentre il cavallo avanzava verso la rocca e le case venivano abbattute per facilitargli il passaggio.
    
    A sera, un silenzio di morte scese sulla città, via via che gli abitanti cadevano nel sonno greve della fatica e dell’ubriachezza. Fu allora che l’astuto Ulisse aprì la botola nel ventre del cavallo e i guerrieri Achei scivolarono a terra, accesero le torce e sguainarono le spade, illuminando la città di foschi bagliori, mentre davano inizio alla mattanza.
    
    Nel silenzio della loro stanza appena illuminata da una fioca lucerna, Menelao strinse a sé Paride. Si sentiva inquieto. Conosceva la perfidia del suo popolo e non lo convincevano né quell’improvvisa partenza, né quell’assurdo cavallo.
    
    “Ho un triste presentimento che mi pesa sull’anima, amore mio.”, disse.
    
    “Qualunque cosa dovesse succedere…”, iniziò Paride, ma fu interrotto dal fruscio della tenda, che veniva scostata, mentre una figura sottile e quasi luminescente si affacciava sull’uscio.
    
    “Filenore!”, esclamò Menelao ...
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