1. Come parlarne? - Capitolo VI


    Data: 08/10/2018, Categorie: Feticismo Autore: VB1977, Fonte: EroticiRacconti

    ... centimetri da me quando gli slip terminarono il loro percorso, fermandosi appena sotto la linea delle natiche. Sulle quali posai le mie dita, tastandone la morbidezza. Allora vi avvicinai il viso e le baciai, prima l’una, poi l’altra, dolcemente. Nel frattempo gli slip scesero a terra, dove i piedi di Debora si liberarono dal sottile indumento. Le sue mani invece si posarono sulle mie, ed esercitarono una lieve pressione che portò le natiche ad aprirsi, rivelando l’ano. Lo osservai, cercando di cogliere ogni più sottile linea di quel fiore carnoso. Infine lo baciai con passione. E lo leccai avidamente, tentando di infilarvi dentro la lingua. Ne trassi un leggero sapore amarognolo che, se fosse stato più intenso, mi avrebbe disgustato. Ciononostante proseguii nel mio intento e mentre il sapore svaniva, la mia lingua non frenava i suoi tentativi di penetrazione, anche se furono vani. Debora intanto iniziò ad ansimare. Ed anch’io ne traevo grande godimento. Ma lei fece poi due passi in avanti, lasciandomi lì, in ginocchio, a cercare di capire perché mi avesse tolto quella fonte di un così grande piacere. Si appoggiò con il busto e le braccia al letto, allargando le gambe, tese, e sporgendo nuovamente all’infuori il sedere, per poi voltarsi verso di me, mostrandosi quindi in attesa che io mi avvicinassi e continuassi. Era piuttosto colorita in viso e sembrava già affannata. Avvicinandomi, notai che la sua vagina era umida. Desiderai leccarla. Ma mi piacque pensare che non ...
    ... avessi il permesso di farlo. Nella mia mente si formò un pensiero, che vedeva Debora non come la mia ragazza, ma come la mia padrona. Una padrona che, dopo avermi ordinato di leccarle l’ano, attendeva che eseguissi l’ordine. Questo pensiero mi travolse, eccitandomi tremendamente. Debora non era la mia padrona, ma pensare che lo fosse, o anche solo immaginare che giocasse ad interpretarne il ruolo, mi mandò fuori di testa. Mi avvicinai carponi al suo sedere. A pochi centimetri da esso mi fermai: “Debora, posso chiederti una cosa?” “Proprio adesso?” mugolò. “Cosa?” “Vorrei che me lo ordinassi...” Mi guardò, seria, sollevando un sopracciglio. Poi apparve un leggero sorriso compiaciuto. “Ti prego…” insistetti. Tornò seria. “Leccami il sedere” ordinò poi perentoria. “Lecca bene il buchetto del mio sedere. Leccalo bene. Fammi sentire chiaramente il piacere che provi nel farlo. E sentiti onorato del privilegio che ti concedo.” Le sue parole penetrarono la mia mente con intensità. Appoggiai nuovamente le labbra sul suo sfintere. Lo baciai. Poi lo leccai lentamente. Ansimando. Passai la lingua ripetutamente sul suo buco, avendo nella testa il suono della voce di Debora e quelle parole, quegli ordini emessi da vera padrona. Vivevo ogni singolo passaggio della mia lingua come un atto di obbedienza e mi sentivo intensamente umiliato nei suoi confronti, come se lei fosse una padrona da compiacere. Eppure era proprio quel sentimento di sottomissione ed umiliazione a trasmettermi un enorme ...
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