1. L'operaio


    Data: 07/11/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: Raccontando

    ... due fratelli più grandi, nello studio di mio padre che era stato di mio nonno e ancor prima del bisnonno.
    
    «Ah ecco dove ho sentito il nome Todaro. Il famosissimo studio Todaro, da generazioni!»
    
    «E lei come fa a saperlo?»
    
    «Ho letto il nome sulla porta e quando mi hai detto che sei avvocato, ho capito subito. »
    
    Sorrisi compiaciuto e inorgoglito ma lui non rideva. Mi guardava serio.
    
    «E i tuoi parenti lo sanno che sei un frocetto?»
    
    «Come, scusi?»
    
    «Lo sanno i tuoi fratelli, tuo padre e tuo nonno che succhi i cazzi?»
    
    «Non capisco cosa vuole dire.» Avanzava verso di me e il suo sguardo era turbato. «Forse lei ha frainteso. Io volevo solo offrirle un caffè…»
    
    «Ah si? E come mai? Ma stai zitto e non dire stronzate. Sono due settimane che mi mangi con gli occhi. Se ne sono accorti anche i miei colleghi e non sai quante risate ci siamo fatti su di te. Si vede da lontano che sei ricchione!»
    
    Era a pochi centimetri da me. Ora potevo respirare il suo profumo maschio, tipico di un uomo provato da una giornata di lavoro. Non era nauseabondo, era maschio.
    
    Cercai di tentare qualche difesa.
    
    «Davvero lei ha frainteso. Io volevo solo offrirle un caffè e…»
    
    Ma non ebbi modo di finire. Mi afferrò il volto con le sue manone, mi sbatté al muro del corridoio e mi baciò. Fece scivolare subito la lingua nella mia bocca e il sapore della sua saliva mi mandò in estasi. Caddi nella sua trappola e, repentinamente, ricambiai il bacio. Fu un attimo. Subito si staccò da me. ...
    ... Mi teneva ancora il volto tra le mani. Mi fissava.
    
    «Hai visto che sei ricchione?»
    
    «Ma lei mi ha baciato …»
    
    «Perché nessun frocio mi resiste. Vogliono tutti il mio cazzo e poi piangono quando glielo metto in culo per quanto è grosso».
    
    Le sue parole mi scombussolarono. La parte razionale mi suggeriva di chiuderla lì. Qualcosa in quell’uomo era malefico.
    
    Il gonfiore nelle mie mutande e il prurito al buchetto del culo mi consigliavano di lasciarmi andare.
    
    «Sai quanti cazzi grossi ho visto?» Rilanciai, in maniera provocatoria.
    
    «E allora prendi questo!» Così dicendo mi afferrò la mano e me la posizionò sul suo pacco. Dovetti ammettere a me stesso che quello che si celava sotto la tuta da lavoro era veramente un mostro. E questo bastò a farmi perdere ogni prudenza e come un assetato nel deserto mi inginocchiai davanti a lui, gli abbassai pantaloni e mutande e quel randello di carne si precipitò sul mio viso con una violenza enorme. Non badai ad altro. Lo presi subito in bocca. Sentivo il sapore maschio della sua cappella dopo una giornata di sudore e piscio. Non mi interessai di lui. Succhiavo avidamente quel cazzo così grosso che a stento mi stava in bocca. L’operaio mi spingeva dalla nuca fino a soffocarmi. Il mio naso si perdeva tra i suoi folti peli pubici e rivoli di saliva sgorgavano dalla mia bocca affaticata.
    
    Continuai per diversi minuti e il mio pompino dovette piacergli perché sentivo la sua mazza diventare sempre più dura e pulsante. Lo succhiavo, ...
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