1. L'Ostrica


    Data: 02/12/2018, Categorie: Etero Autore: Micina

    ... compiaciuto. E io d’improvviso sto bene, sono felice di essere lì. Entriamo nel locale e il cameriere ci fa accomodare ad un tavolo appartato. Ordina lui per entrambi, io confermo solo con sguardi di approvazione. Mi dice di assaggiare il vino, bianco e con le bollicine, me ne racconta la storia. Io lo ascolto e bevo volentieri sperando che l’imbarazzo svanisca. Arrivano ostriche al tavolo e non riesco a guardarle senza che sulla fronte compaia un punto interrogativo. Lui vede la mia espressione, sorride! La sua mano si allunga verso di me appoggiandosi sui miei capelli, all’altezza della nuca. Arrossisco e non capisco. Poi lo vedo afferrare la conchiglia dell’ostrica con la mano libera, sento i capelli tirare dolcemente sotto la stretta delle sue dita, la mia testa si inclina all’indietro. “Chiudi gli occhi e apri la bocca”, me lo sussurra all’orecchio, “Così, brava! Ora lasciala scivolare in gola senza masticare”. Ho il cuore che va a mille e riesco solo a dire: “E’ salata, sa di mare”. Non avevo mai assaggiato ostriche prima d’ora e non so quale sia il modo migliore per mangiarle, ma questo mi piace davvero tanto. Ora mi sta raccontando di un viaggio in India. La sua voce, le bollicine ed ho voglia di ostriche!!! Le guardo d’istinto e lui prontamente ripete il gesto di prima “Apri la bocca e chiudi gli occhi”. Mi innamoro di quel sapore e di quel rituale. Guardo di nuovo il piatto, ancora tre, sorrido! Per la cronaca non ne sono avanzate. Ora arrivano altre cruditè di ...
    ... mare, buonissime he, ma che noia dover mangiare con le proprie mani. Parlo anch’io finalmente, il vino e la confidenza che si sta creando mi fanno lentamente sciogliere. E tra pesce, dolci e chiacchiere il tempo vola e la cena finisce. Usciamo dal ristorante e lo seguo in una passeggiata senza meta, qualche sbuffo di sigaretta, qualche parola, non troppe in realtà. “Ora ti faccio assaggiare quello che ritengo sia il rum più buono che esista!” “D’accordo” (come al solito la sua non era una domanda). Saliamo sul taxi, il tipo è lo stesso di prima. Dopo dieci minuti l’auto si ferma e scendiamo, ma non davanti ad un locale come mi aspettavo, c’è il portone di un palazzo, un ascensore e la Porta del paradiso. Entriamo e subito inizia a sbottonarmi il cappotto (ho caldo e arrossisco), me lo sfila e lo appoggia su una sedia all’ingresso. Io mi guardo un po' intorno pronta a navigare in quello che sembra un gran bel appartamento, mi piacerebbe avere qualche dettaglio in più sulla sua personalità. Ma no!! Appoggia le mani sulle mie spalle e mi fa roteare in modo da porgergli la schiena, trattengo il respiro (non so per quale motivo) e mi ritrovo con un foulard sugli occhi (sa di buono). Ora mi afferra le braccia e mi fa appoggiare le mani sopra le natiche, mi sta legando i polsi. Mi rigira verso di se, sento il suo fiato sulle guance. “Che fai?” chiedo timorosa. “Ti faccio assaggiare il rum” Mi spinge con garbo contro una parete e poi più nulla, silenzio, per un tempo che sembrava ...