1. La gratitudine e la voglia pazza


    Data: 22/12/2018, Categorie: Etero Autore: Ippolito

    ... sue dolcissime tette. Avevo il cazzo che mi doleva quasi intollerabilmente. Si era fatto durissimo e sembrava quasi che si fosse perfino allungato. Il percorso per arrivare all’attimo dell’inculata fu lungo. Prima lubrificai l’anello anale con la lingua, stimolando al massimo la salivazione. Mi fermavo per inserirle il liquido all’interno, usando il dito amico ben più del solito. Raccolsi senza difficoltà una parte del rosolio profumato che continuava a sgorgare dalla sua fighetta e glielo spalmai dietro. Cercai dentro un cassetto del comodino, sperando di trovare qualcosa simile alla vasellina, ma senza successo. Continuando a tastare alla cieca, però, la mia mano capitò infine su di una scatolina tonda. Riuscii in qualche modo a guardarla attraverso il velo che ormai mi copriva gli occhi e le meningi e lessi il nome di una nota pomata emolliente per la pelle. Ringraziai tutti gli dei esistenti nell’Infinito, in qualche modo aprii il coperchio, prelevai una generosa porzione di crema e gliela spalmai sul buchetto. Ancora una volta utilizzai come applicatore, anche all’interno, il mio dito indice che pianse dalla gioia e mi giurò fedeltà eterna.Grossomodo, Roberta era pronta. Sapevo che all’inizio della penetrazione non le avrei fatto molto male: un pochino solamente – al solo pensarlo montava dentro di me una prepotente vena sadica… - che tuttavia mi avrebbe obbligato a tenerla ferma. Quel che temevo era il momento in cui la mia cappella sarebbe arrivata al muscolo ...
    ... principale, quello che serve, tra l’altro, ad impedire gli ingressi che, per quanto graditi, il corpo fatica ad accettare. Pensai a come evitare il momento in cui si sarebbe prodotto il culmine del dolore; ma il mio cervello terribilmente malato, invece di bloccarmi, si eccitava sempre di più. Ed ormai il pene mi doleva in maniera lancinante. Incredibilmente sentii quasi una vocina provenire da dentro di me. Come se fosse quella di Sandokan, le mie orecchie sentirono Roberta pronunciare una battuta, scherzosa ma non troppo: “Mio tigrotto, non ti trattengo più!” Avvicinai la punta del mio cazzo al suo buchetto e cominciai a spingere. Piano piano entravo nel suo corpo, scoprendo progressivamente una parte di lei ancora sconosciuta. Come avevo previsto, all’inizio la bimba non si lamentò molto. Ad un certo punto però trovai l’ostacolo. Oramai ero infoiato come una bestia: senza pensare al dolore che le avrei procurato spinsi duro dentro il suo corpo. Roberta cominciò ad urlare, sempre più forte: “Basta” mi chiedeva, “bastaaaa, non ce la faccio più, mi fa troppo male…” In condizioni normali mi sarei anche fermato. Forse. Ma in quei momenti i miei freni inibitori erano andati in vacanza. E quindi continuai a spingere. E lei, ad urlare. Di dolore.In mezzo alle ondate di piacere che mi sommergevano, mi accorsi che qualcosa mutava. Non udivo più le grida della mia compagna: ormai c’era solo un gemito continuo. E poi neppure quello: il rumore che sentivo era quello del respiro profondo ed ...
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