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Il ricatto (3) -Una nuova Elena-
Data: 25/12/2018, Categorie: Incesti Autore: Elena Anele
Lorenzo sembrava molto sorpreso di sentirmi e il suo stupore era giustificato dal fatto che lo avevo evitato per settimane. Ne approfittai per "gettargli addosso tutto quanto" e dirgli che si stava comportando in modo ignobile, che mi ero sempre prodigata per il meglio di tutti in famiglia e che nessun errore da me commesso poteva giustificare tutto quello che mi stava facendo passare. Le mie parole salivano di tono come una marea di rabbia e angoscia ma lui restava in silenzio. Percepivo la sua muta presenza all'altro ricevitore e non mi fermai. Strinsi i pugni sul volante, tirai un profondo respiro e gli intimai di non toccare sua sorella. Io avevo fatto uno sbaglio terribile, ignobile, ne ero conscia, ma lei doveva essere tenuta fuori dalle sue perversioni. Glielo avrei impedito, a costo di umiliarmi pubblicamente con le fotografie e i suoi sporchi filmati. Ora ero una tigre che difendeva il suo cucciolo. Minacciai di chiamare la polizia, di dire tutto a suo padre. Ero un fiume in piena. Mi sembrava di essere stata convincente ma lui mi urlò di stare zitta e pose fine a quella conversazione unilaterale con una gelida frase: "Hai finito? Allora ti auguro che papà non vada a controllare la sua casella di posta elettronica nei prossimi minuti. È tardi per pentirsi mamma. Farai quello che dico. Credi che non mi sia accorto di quanto ti sia piaciuto farti chiavare? Credi che non sia mai stato con una donna in questi anni? Ti strofinavi come una cagna. Papà sta per ricevere ...
... un bell'allegato. In bocca al lupo per il tuo matrimonio!" e chiuse il ricevitore. Mi guardai il viso nello specchietto ed ero pallida. Mi veniva da vomitare. Ero stravolta. Ma come mi era saltato in mente di chiamarlo? Ero forse impazzita? Mio figlio era da curare. Era malato. Non c'era altra spiegazione per quest'incubo. Guidai, praticamente col "pilota automatico" con i pensieri che vorticavano nella mia mente, fino al parcheggio sotto l'ufficio. Per fortuna indossavo stivali a tacco basso e potei fare gli scalini a due a due. Gettai la borsa sulla sedia e accesi il pc. Fortunatamente ero a conoscenza della password di Paolo e in pochi istanti fui dentro la sua casella gmail. C'erano sei nuovi messaggi ma l'ultimo era senza oggetto e con un pesante allegato. Senza curarmi del fatto che potesse essere un messaggio di lavoro con files importanti ne cancellai ogni traccia dall'account di Paolo. Controllai le caselle posta ricevuta e cestino almeno una dozzina di volte. Il mio cuore dovette accettarlo come numero sufficiente a rilassare il suo battito nel mio petto. Mi lasciai andare sulla sedia e mi sfilai il cappotto. Ero stremata dalla corsa e dalla paura. Ancora non credevo che Lorenzo avesse inviato veramente del materiale su di me a Paolo. Aveva voluto mettere alla prova il mio coraggio e solo allora mi resi conto di quanto realmente fossi codarda. Cercai di non pensarci e di lavorare sodo per distrarmi ma la mia mente convergeva verso una verità difficile da accettare: ...