Le mutandine di mia nipote Anna
Data: 09/02/2019,
Categorie:
Feticismo
Autore: Isabella91, Fonte: EroticiRacconti
Come ogni anno, il pranzo del giorno di Natale lo trascorro a casa di mia sorella Irene. Ha una villetta da borghese piena di suppellettili inutili che costeranno una fortuna, ed è un ambiente che detesto. Un solo giorno all'anno e qualche telefonata d’obbligo per le questioni familiari amministrative mi sembrano più che sufficienti per mantenere il quieto vivere tra persone che in realtà non avrebbero nulla da spartire. Irene si è sposata presto con un buon partito, ed ogni Natale sembra voler sottolineare quanto non approvi la mia vita da quarantenne scapolo freelance. È vero, a me non interessano i legami stabili. Li trovo stressanti, poco funzionali e di una monotonia diabolica. A me piacciono le donne giovani, le universitarie che vogliono spassarsela e bevono tequila. Anna, la figlia di Irene, si è appena iscritta al primo anno di giurisprudenza. La vedo una volta all'anno, nonostante sia mia nipote, ma non ho mai nutrito particolare interesse per la sua vita da secchiona. È lei ad aprirmi la porta, oggi. Indossa un maglione bianco a collo alto, di quelli che vestono larghi e si interrompono sulle gambe come una gonna. Non ha i soliti occhiali da timorata di Dio, e si è truccata. In mano tengo la bottiglia di lambrusco e una confezione di pasticcini. Per un attimo resto bloccato, quasi incredulo. “Ciao zio, non entri?”. È strano sentirmi chiamare così. Quella ragazza, alla fine, è un’estranea. Irene ha preparato una tavola così perfetta da dare la nausea. Viene a ...
... salutarmi con il suo bel grembiule da donna di casa, i capelli acconciati e un profumo dolcissimo ed eccessivo. “Giancarlo, ma non dovevi!”, recita fagocitando le provviste che ho portato. Il pranzo è la solita solfa. “E il lavoro?”, “Hai qualcuno?”, “Ma non ci pensi mai ai figli?”, “Ma dio santo, quando ti responsabilizzerai?”. Il marito di Irene tace. Sa bene quanto sappia essere rompicazzo quella donna. Anna mangia in silenzio guardando il piatto, ma nella sua espressione mi sembra di cogliere qualcosa di simile ad una risata soffocata. Ora mi sta sul cazzo anche lei. Quando finalmente arriviamo al dolce e al liquore, gli ospiti iniziano il chiacchiericcio postprandiale, tirando fuori i giochi da tavola e le carte. “Un’ora per educazione, Giancarlo, e poi te ne vai”, dico a me stesso, mentre salgo le scale del piano di sopra per andare a pisciare. Da qui le voci sono più indistinte. Finalmente un attimo di pace. Accanto al bagno c’è la camera di Anna. Lo capisco perché vedo scritto il suo nome sulla porta con lettere cubitali rosa in legno. Non faccio in tempo a raggiungere la tazza del cesso, dopo essermi chiuso a chiave, che lo vedo. Il portabiancheria sporca, in vimini, con una fessura vuota. Sono attratto dalle mie vecchie e brutte abitudini. Non mi capitava più da tempo, ma sarà la noia, il nervoso, oggi mi sembra di non riuscire a resistere. Resto fermo con i pantaloni calati, gli occhi sul cestone. È una forza magnetica. “Solo una sbirciata”, mi dico. “Che male c’è”. Apro ...