La festa in costume
Data: 28/03/2019,
Categorie:
Lesbo
Autore: fabrizio
La gamba destra di Maura è accavallata alla mia all’altezza della caviglia, mentre la sinistra riposa allungata e rilassata; una sua mano è scivolata, nell’innocenza del sonno, all’altezza del mio pube, mentre l’altro braccio mi cinge all’altezza della vita. Il suo volto sprofondato nel mio seno destro le procura con una lieve apnea che la portava a russacchiare sommessamente e a risucchiare il filo di saliva che a volte, non trattenuto, mi inumidisce il capezzolo. Quanto a me, col braccio destro le accarezzo distrattamente la schiena e le natiche mentre, trattenendo il cellulare sulla mia gamba sinistra ripiegata, cerco nelle storie di donne che amano altre donne un senso a ciò che mi sta accadendo. Una gran scocciatura, anzi, una gran seccatura, no, per dirlo correttamente una grandissima rottura di coglioni; quelli dell’Ufficio personale avevano organizzato il benvenuto per il nuovo Direttore Generale - che nel linguaggio freak della multinazionale per la quale lavoro ora si chiama pomposamente CEO - e siccome l’investitura coincideva con gli ultimi scampoli di Carnevale perché non configurare l’evento come una grandiosa festa in costume? Ovviamente non ci si poteva mancare, non si poteva rimandare, non si poteva declinare, non ci si poteva ammalare. Si doveva solo partecipare e, possibilmente, in maniera scanzonata e divertente. Insomma, una grandissima rottura di coglioni. Per cui mi ero risolta a cercare uno stramaledetto costume; oltretutto schizzinosa come sono, mi ...
... avrebbe dato fastidio affittarne uno, indossato da chissà chi e affetto da chissà quali malattie infettive; e neppure ne volevo acquistarne uno made in china, pena per le due successive settimane riempirmi di eritemi purulenti ed imbottirmi di cortisone; cosa che, fra l’altro, induce pure alla proliferazione della peluria, qualora quella naturale non fosse sufficiente. Alla fine una collega bene informata ed evidentemente appassionata di questa terrificante forma di socialità mi aveva indirizzata ad una costumista sartoriale che, a sua detta, avrebbe saputo offrirmi un giusto compromesso fra costo e qualità. E ovviamente considerazione per le mie paranoie. La campanella dell’ingresso tintinna, il bancone è deserto, una voce lontana mi grida venga, venga avanti, e al fondo di un tunnel di vestiti di ogni foggia e colore indovino nella penombra una donna sulla cinquantina; le sue mani, immerse nel cono di luce della lampada da tavolo, stanno dando al tessuto lunghe gugliate di filo. Mi avvio verso il fascio luminoso mentre la donna accende una luce d’ambiente; ha un volto anonimo, nulla a che fare con la vivacità e lo scintillio delle sue creature tessili; solo, una luce curiosa e divertita negli occhi. Mi presento e le spiego le mie necessità. Si spogli - mi dice. Prego? - ribatto. Si spogli; come pensa possa darle un costume che le sta bene se non vedo com’è fatta? Pensavo fossero tutti taglia unica… Ridacchia scuotendo la testa - taglia unica… taglia unica! - nuova scrollata ...