Fratelli per scelta
Data: 22/06/2019,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: PercyShelley
... vicino un paio di volte. Poi mi sussurrò una frase all'orecchio: [Ti piace, Ciccio?]
'Ciccia' è un termine che lui è solito utilizzare con le sue fidanzate. Molte volte avevo desiderato di essere appellato cosi, e neanche quando ci definivamo vicendevolmente 'fratello' riuscivo a non desiderare quell'appellativo. Mi aveva raccontato di molte avventure in cui, all'apice del piacere, si era rivolto in questo modo a questa o a quella Ragazza: avevo ormai incosciamente etichettato quel nomignolo come un qualcosa di arrivabile, e potete immaginare quanto il mio cuore sussultò nel sentirlo rivolgere a me: [..Si..tantissimo.] Era una conversazione banale, lo sò. Di quelle che si leggono nei romanzetti a luci rosse per casalinghe, quelle cose stupide e scontate che ci si aspetta nell'intimità di una camera da letto di una coppietta felice. Ma il modo in cui parlammo fù cosi dolce che niente di quello che potrò mai scrivere basterà a renderlo: un accordo non scritto, una promessa eterna di unione, un affetto indescrivibile trasudava da quelle parole. Non eravamo solo fratelli ora, eravamo anche amanti. Forse non sarebbe più successo, e quindi mi azzardai a chiedere, timidamente, semi-coperto da un nuovo grido di piacere che mi fece balbettare: [E a..a..te?]
[Troppo.]
Girai il collo, scomodamente, e lo baciai. Ricambiò, e la sua lingua cercò la mia. Fù un bacio lungo, urgente. Sentivo il suo petto contro la mia schiena, il nostro sudore che si mescolava. Poi ...
... l'urlo. Urlò forte, e io con lui, interrompendo quel bacio. Chi sta leggendo, probabilmente, almeno una volta nella vita, ha provato la sensazione meravigliosa di quando il proprio partner viene dentro di sé.
Un calore meraviglioso si riversò nelle mie viscere, e il suo cazzò pulsò forte. Potevo sentire il suo seme schizzare dentro di me, veniva molto e quei quattro-cinque schizzi confermarono finalmente i suoi racconti e le sue spacconerie: assestò altri due violenti colpi, e poi si ritrasse per uscire. Io mi girai su un fianco: si era tolto la camicia, non so in quale momento. La collanina sul suo petto ora non era la sola cosa a brillare, tutta la sua pelle riluceva di sudore; i muscoli del collo ora rilassati. Se ne stava in ginocchio,a braccia spalancate come un cristo alla colonna, ma sul viso non c'era dolore. Sorrideva in quel modo luminoso che amavo, sorrideva e mi guardava. Non c'era malizia, ma solo quella complicità familiare, quel modo in cui ci guardavamo dopo una qualche goliardata. Mi stesi sulla schiena, ricambiando quello sguardo, esausto. Lui ammiccò: [Eh?]
[Eh.] Replicai. Con un sospirò anche lui si accasciò accanto a me, con la testa sulla mia spalla. Non posso dire che si accoccolò, ma cercò il mio contatto. Ogni tanto ridevamo o sospiravamo, entrambi consapevoli di quella follia. Poi ci addormentammo. Quella notte non ci fù bisogno di svegliarmi per guardarlo di nascosto o annusare le sue scarpe. Ce l'avevo accanto. Ce l'avevo addosso.
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