Ricordi lusitani
Data: 05/09/2019,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: Foro_Romano
(Racconto n. 89)
La villa era costruita in una posizione isolata e stupenda: sulla cima di una roccia della costa portoghese con vista sull’oceano. Il costone sul quale era appollaiata non era molto alto, una decina di metri, e si poteva sentire il rumore delle onde che gli si rifrangevano contro diffondendo nell’aria il profumo dell’acqua marina. Le vetrate sul panorama erano spalancate, in quel pomeriggio di luglio avanzato. Le numerose piante grasse che arricchivano il parapetto della terrazza aggettante nel vuoto, diverse tra loro per forma e dimensioni, erano tutte ricche di fiori colorati. Quali rossi, quali gialli, quali celesti. Era quello splendido momento quando stava cominciando il tramonto e la luce andava sempre più arrossendo.
All’interno del salone, però, nessuno di noi presenti se ne curava. Eravamo impegnati in tutt’altro. Il padrone di casa (il mio padrone), ricco industriale italiano sulla cinquantina, alto, nero intenso ma brizzolato nei pochi capelli e sulla corta barba, aveva ancora un fisico più che invidiabile. In carne quanto basta e tonico nei muscoli come un bronzo di Riace ma, a differenza di quello, era coperto da un ricco vello, anch’esso brizzolato, sull’ampio torace e sulle gambe. Era seduto nella sua poltrona con un bicchiere del suo whiskey preferito, le gambe aperte e… completamente nudo.
Il suo cazzo, grosso, lungo e venoso, svettava invitante ed ogni tanto se lo accarezzava con la mano libera. Era eccitato ma non voleva venire. ...
... Si stava godendo la scena del suo giovanissimo amante, cioè io. Stavo facendo del mio meglio per appagare il piacere di due energumeni di pescatori trentenni, muscolosi ed abbronzati e forniti – manco a dirlo – di due mazze da Oscar. Peccato che non avevano molto pelo, solo quel tanto che basta perché venissero definiti maschi. Mi stavano usando senza scrupoli, ma sapevano che era proprio quello che desiderava il mio padrone e soprattutto io.
Allora ero un ventenne delizioso, minuto e perfetto ma di proporzioni minori. Avevo in testa una foresta di riccioli biondi, o meglio rosso chiaro essendo roscio di natura, come dimostrano la pelle chiara e delicata e le numerose efelidi pallide sul volto. La mia famiglia, della Bassa Padana, era povera e molto numerosa e mi avevano consegnato ben volentieri, sia per avere una bocca in meno da sfamare e sia perché avevano ricevuto in cambio un lavoro per mio padre. Gli ero stato praticamente venduto.
Però non stavo con lui controvoglia. Quell’uomo mi era piaciuto subito e, nella mia incoscienza ed ignoranza, non mi ero reso conto che l’attrazione che provavo verso di lui era una naturale omosessualità tanto che, subito dopo essere stato sverginato, mi ero trasformato subito in una vera ninfomane affamata di sesso o, meglio, di cazzo. Quel gioco che mi era stato insegnato era il più bello che avessi mai fatto, più di tutti quelli fatti con gli altri ragazzi del paese.
La prima volta era stata fantastica. Bruno (così si chiamava ...