Una paziente della Dottoressa Angela - Il Giocattolo della Professoressa
Data: 15/10/2019,
Categorie:
Dominazione / BDSM
Autore: Angela Kavinsky
... senza parole. Sinceramente, non credo proprio che sarei riuscita a risolvere quei test. «Vostro figlio è un genio!» dissi. «Si, appunto. E lei gli ha dato 4 nell’ultimo test!». Rispose la madre. Il giorno successivo avevo lezione con la quinta, ossia con la classe di Filippo. Prima della lezione parlai con gli altri insegnanti, e tutti loro mi assicurarono che Filippo era effettivamente un genio. Come ogni genio non aveva molti amici, non era molto estroverso, Insomma, non era considerato il ragazzo più “cool” della scuola. Questo purtroppo per lui, era la normalità, ma non spiegava il perché dei sui ultimi pessimi risultati nella mia materia. L’ora di lezione si svolse come da previsto, e io feci finta di niente. Poi, suonata la campanella, chiesi a Filippo se potevamo parlare. «Ti dispiace rimanere qui una decina di minuti?». Lui fece no con la testa. Mi alzai e chiusi a chiave la porta dell’aula, mentre lui appoggiava a terra la borsa. Poi appoggiai il sedere contro la cattedra. Quel giorno indossavo un tailleur nero e tacchi a spillo. «Su coraggio, siediti qui!» dissi indicando il primo banco a pochi centimetri da me. Mi legai i capelli a coda di cavallo e indossai gli occhiali. Diedi una rapida occhiata ai test dello scorso anno, poi li appoggiai sulla cattedra. «Sai Filippo, ho parlato con i tuoi genitori. Sono molto preoccupati per il tuo cattivo rendimento nella mia materia. In realtà anche io lo sono…» Filippo iniziò a sudare. «In realtà sei il mio peggior studente. ...
... Sei l’unico di questa classe a cui do ripetizioni… Mi viene da chiedermi: ma i tuoi genitori sanno che frequenti il mio corso di ripetizioni?» Lui non rispose. Appoggiai la mia mano sulla sua spalla, poi sulla sua testa e… SBAM! sbattei la sua testa sul banco, facendogli prendere una sonora zuccata. Poi lo afferrai per i capelli, tirandogli su la testa. Avvicinai la mia bocca alle sue orecchie. «Lo fai solo per stare con me, vero?» Lui stava per mettersi a piangere. Forse gli avevo rotto gli occhiali. Fortunatamente non pareva avere segni visibili sul volto. Lasciai andare la sua testa, mi portai davanti al banco, sorrisi, mi sedetti sulla cattedra e appoggia il piede sul suo banco. «Bacia il piede e chiedi scusa!» Lui si asciugò le lacrime, poi iniziò con frenesia a baciare il mio piede. le mie louboutin con suola rossa erano tenute strette tra le sue mani. «Scusi professoressa, scusi professoressa, scusi, scusi…» Alzai di colpo il piede, divincolandolo dalle sue mani e colpendolo con la punta sulla guancia. Lui gridò, ma fortunatamente era l’intervallo, e nessuno udì per via del baccano fuori dall’aula. «Hai idea della figura di merda che mi hai fatto fare con i tuoi genitori?» Appoggiai nuovamente il piede sul banco, e lui riprese a baciarlo. «Scusi professoressa, scusi, scusi». Tolsi il piede dal banco, e Filippo rimase con la mia scarpa tra le mani. Appoggiai il tallone del piede nudo sul banco e dissi: «Adesso lecca e dimmi la verità!». Filippo iniziò a leccare la mia ...