1. Una paziente della Dottoressa Angela - Il Giocattolo della Professoressa


    Data: 15/10/2019, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: Angela Kavinsky

    ... caviglia e l’esterno del piede, mentre mi diceva: «Ha ragione professoressa, mi scusi… prendo brutti voti per…» gli tirai un calcio in faccia con il piede nudo, e lui urlò nuovamente. «La pianta! Devi leccare la pianta del piede razza di coglione!». Lui obbedì. iniziò a dare lunghe leccate dal tallone alle dita. «Prendo brutti voti per poter seguire i suoi corsi di recupero e stare più tempo con lei… Così posso bearmi della sua bellezza! Quando da ripetizioni siamo in pochi, e ho notato che lei si veste in maniera più sexy. Indossa quasi sempre le scarpe col tacco durante i corsi di recupero…» «Che tenero che sei!» dissi sorridendogli, mentre lui affondava il suo volto e la sua lingua nella pianta del mio piede. «Dunque stai buttando all’aria il tuo futuro per potermi vedere per un’ora alla settimana in minigonna e tacchi alti? No, non sei tenero. Sei solo un pervertito del cazzo. Finita la lezione che fai? Vai a casa a farti le seghe?» «Si professoressa, si, si…». Tolsi il piede dalla sua faccia. «La scarpa!». Lui mi guardò stupefatto, con la saliva che gli colava dalla bocca e gli occhiali semi rotti storti sul naso. «Rimettimi la scarpa! Cazzo ma sei proprio un vero coglione!» gli dissi. Lui mi rimise la scarpa, io la appoggiai a terra e senti che il mio piede zuppo di saliva aveva bagnato anche l’interno della scarpa. «Bleah, che schifo!». Mi avvicinai alla cattedra, tirai la mia sedia e gli feci segno con la mano di avvicinarsi. «Muoviti cazzo! Tra poco suonerà la ...
    ... campanella!» lui si avvicinò e io gli tirai un ceffone sulla testa. «Seduto!». Lui obbedì. Era proprio sfigato! Guardai l’orologio. Mancava poco tempo. L’intervallo stava per finire. Mi tolsi la giacca, mi sbottonai la camicetta dando un po’ di respiro alla mia quarta di reggiseno e mi inginocchiai di fronte a lui. Iniziai a massaggiargli l’enorme erezione. «Quindi lo fai apposta, vero? Tu non hai bisogno che io ti dia ripetizioni… I tuoi genitori mi hanno detto che sei sempre stato bravo in matematica, anzi, più che bravo. Quella troia di tua madre ha detto che sei un genio!» Lui mi fissava in maniera decisamente inquietante, poi cercò di mettere insieme alcune lettere. Sembrava decisamente in uno stato alterato. Era lì, davanti a me, a gambe aperte seduto sulla mia sedia, mentre io, inginocchiata in mezzo alle sue gambe, iniziavo a sentire l’odore del suo arnese. «Si io… si lo sono… si. Sono un genio». A quelle parole, gli calai i pantaloni e le mutande bianche, quelle che gli aveva comprato la mammina. Osservai il suo arnese. Per essere uno sfigato Filippo non era messo male. d’altronde aveva 19 anni, era già un uomo. Il suo cazzo era sottile, ma decisamente di una bella lunghezza. Lo presi in mano. lo strusciai un po' e poi gli accarezzai le palle. Gli sorrisi. Lui rispose al sorriso. Gli strizzai le palle, e lui strozzò in gola un urlo di dolore. Aveva il volto rosso come un pomodoro. «E ALLORA LA SMETTERAI DI FAR FINTA DI ESSERE UN DEFICIENTE? Mi sono rotta le palle di dover ...