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Uno alla volta
Data: 07/10/2020, Categorie: Gay / Bisex Autore: scrittoreitaliano
Quanto sto per scrivere è una storia realmente accaduta che finora non ho mai raccontato a nessuno, un po' per imbarazzo, un po' per paura di essere giudicato male. Eppure, ogni tanto, vi ripenso quando mi masturbo e mi eccita sempre tantissimo. Qualche anno fa, all'età di 28 anni, avevo trovato lavoro come custode di notte, in un piccolo deposito di scatolame che si trovava nei pressi della stazione ferroviaria. Inutile dire che, per un tipo iperattivo come me, le nottate trascorrevano insonni, sebbene in un angolo nascosto del deposito ci fosse una brandina su cui avrei potuto riposare un po'. E così, ogni notte, tra una sigaretta e l'altra, tra una chattata notturna e qualche sega, arrivavano le 6 del mattino e potevo finalmente tornare a casa a riposare. Una notte particolarmente afosa ero uscito fuori a fumare quando, all'improvviso, scorsi poco distante una donna sulla cinquantina che si era poggiata a un muro e boccheggiava. Forse era una senzatetto. Con la chiave mi chiusi alle spalle la porta del deposito e mi ci avvicinai per chiederle come si sentisse o se volesse un bicchiere d'acqua. Dopo qualche istante, per lo stesso motivo, si avvicinarono anche tre ragazzi, credo poco più che ventenni, dall'aria non troppo rassicurante. Una persona normale, probabilmente, si sarebbe allarmata ma il mio cervello fu subito pervaso da fantasie piccanti nei loro confronti. Preso dalla mia immaginazione, mi ero quasi dimenticato della povera donna poggiata lì a quel muro e, ...
... quando tornai in me, questa ci stava ringraziando per il nostro interessamento, rassicurandoci e dicendo che questi malori le capitavano spesso e che preferiva proseguire. Rimasto da solo con quei tre, me ne tornai sotto la porta del deposito ma non prima di averli salutati con uno sguardo da troietta e una sculettata degna di una ninfomane. Non so, ma il mio sesto senso mi diceva che quei tre ragazzi, chiaramente etero, non si sarebbero fatti troppi problemi se avessero avuto a disposizione una bella bocca in cui svuotarsi le palle. E non mi sbagliavo... Facendo finta di nulla, me n'ero tornato sotto la porta del deposito e mi ero acceso una sigaretta ma con la coda dell'occhio li osservavo e, dopo qualche istante, li vidi venire verso di me. "Che fai di bello?" mi chiese quello dei tre che, si vedeva da un miglio di distanza, era il "capo". Accentuando movenze femminili che normalmente non ho, spiegai loro il mio lavoro e gli chiesi come mai fossero ancora per strada, alle 2 di notte. "Abbiamo perso l'ultimo autobus, abitiamo in una zona di periferia e stiamo aspettando che ci vengano a prendere" rispose il capo, con un accento un po' rozzo. Era biondino ma il suo viso lasciava trasparire tanta vita vissuta, con lo sguardo spavaldo e un ghigno tipico di chi sa il fatto suo. Dei tre era sicuramente quello che mi aveva colpito di più, magro ma con spalle abbastanza larghe e un pacco notevole che, ogni tanto, mentre parlava e mi guardava fisso negli occhi, si aggiustava ...