1. Sole di Maggio


    Data: 19/11/2020, Categorie: Sentimentali Autore: CLAUDIO TOSCANI, Fonte: EroticiRacconti

    ... fosse stato allargato artificialmente per creare un laghetto. Un ponticello fornito di robuste spallette congiungeva gli argini nel punto in cui il rio tornava a restringersi per riprendere il suo corso. Evidentemente i forestali mantenevano efficiente il passaggio per scopi di presidio sulla campagna. Passando presso a una casupola abbandonata, un acciottolato riprendeva sull’altra sponda per seguitare lungo il fianco della collina. Sulla facciata della catapecchia, quasi sotto la gronda del tetto, si aprivano due finestrelle senza infissi. A contrasto col muro soleggiato le modeste aperture apparivano così buie da sembrare neri francobolli appiccicati sul margine superiore di una busta. Il tetto non era crollato e il comignolo si manteneva eretto ma il colore rossastro dei coppi era scomparso sotto uno strato di muschi e licheni. Oltre la bicocca misere strisce di terra, sostenute da muriccioli a secco, apparivano invase da rovi e farinacci. Erano stati i campi di un minuscolo podere rubati al fianco del poggio con chissà quanta fatica. Eppure il contadino Pansecco era riuscito a viverci parecchi anni su quell’argillosa pietraia, assieme ad un branco di figlioli partoriti uno in fila all’altro da una moglie che sembrava reggere l’anima con i denti ma che aveva più resistenza alla fatica di un bove chianino. La gente di Sanfabiano aveva soprannominato il poveraccio “Pansecco” perché talvolta scendeva in paese a rimediare pane raffermo. Per quel briciolo d’amor proprio che ...
    ... anche i più miserevoli individui possedevano, Pansecco ripeteva alla gente che lo avrebbe inzuppato nell’acqua e mescolato con la crusca per governarci le galline. Poiché tutti sapevano quanto grama fosse la sua esistenza e che la moglie usava invece il pane per farci la panzanella, non di rado gli capitava di tornare in Valcorniola con qualche paio di scarpe usate e abiti dismessi. Verso la metà degli anni cinquanta le autorità di Sanfabiano lo avevano aiutato a insediarsi in un podere al piano per consentire ai figli minori di frequentare la scuola. Il Rio Maestro era però menzionato col suo nome originario soltanto sulle carte geografiche perché la gente, per la consuetudine di attribuire spesso a un luogo il nome di qualcuno che in quei paraggi c’era vissuto, lo chiamava Rio Pansecco. Il prolifico contadino aveva lasciato una fontanella a ricordo della sua permanenza. Sostenendolo con colonnine di mattoni, si era ingegnato a erigere un tettuccio sopra una sorgente che scaturiva dalla rupe. Poi aveva murato un tubicino metallico in una crepa della roccia per incanalarvi l’acqua. Sotto il cannello si era arrangiato a costruire una vasca che aveva fornito di un’altra cannetta di scarico più bassa dell’orlo per non farla traboccare. Sebbene fosse stato rabberciato da ignoti volenterosi e sulle parti sbrecciate crescessero ciuffi di selaginella, il fontanile zampillava ancora. ‎ Il recesso poteva dare il senso dell’abbandono ma per un osservatore come Mauro rivelava angoli ...
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