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Sole di Maggio
Data: 19/11/2020, Categorie: Sentimentali Autore: CLAUDIO TOSCANI
... splendesse con una magnificenza mai vista e si rese conto che mai aveva osservato lo splendore col quale l’acqua restituisse all’aria il riverbero abbacinante della sua luce. «Mauro da qualche parte ho letto che la vita si riduce soltanto ai giorni che si ricordano. Ieri e oggi li rammenterò per sempre, e questo luogo è come se abbracciasse. Hai la sensazione che oltre le colline finisca il mondo.» Sollevò il viso un po’ accaldato, gli occhi splendenti. «Questo sole di maggio sembra essere due palmi sopra di noi.» «E t’illumina d’immenso.» «Mi hai detto una frase stupenda.» «“M’illumino d’immenso” è una lirica d’Ungaretti.» «Ti piace la poesia?» «Molto.» «È naturale, altrimenti non saresti pittore.» «Sai Silvia? A scuola il professore di lettere volle che imparassimo una poesia dedicata alla natura, lasciandoci liberi di sceglierla ma preferii un brano di prosa scritto da Edmondo de Amicis, perché mi rammentava questo luogo nel periodo del solleone quando la terra sembra che danzi liberando umidità sull’aria nel fluttuare ardente dei raggi solari.» «Ciumbia che espressioni liriche hai usato. Lo ricordi ancora quel brano?» «Nemmeno se rimanessi un secolo lontano dalla Valcorniola lo dimenticherei. Vuoi ascoltarlo?» Silvia annuì trapassando Mauro con lo sguardo, silenziosa, senza batter ciglio. “Era mezzogiorno e splendeva un sole ardentissimo. Non stridore di cicala, non canto d’uccello, non volo di farfalla, non voce, non moto né vicino né lontano; ogni cosa quieta, pareva ...
... che la natura dormisse. Allora la campagna s’anima d’una vita fantastica, come di notte. Si sentono suoni indefiniti, lunghe strida lontane, soffi, fruscii, ora a molta distanza, ora all’orecchio, qui, là, non si sa dove, da ogni parte. Pare che nell’aria ci sia qualcosa che fluttua e che s’agita; s’avvicina, si scosta, ritorna, ci rasenta, s’allontana. Ad un tratto s’avverte un acuto ronzio d’insetto, passa e silenzio. S’ha una scossa, ci si volta, è caduta una foglia. Sbuca una lucertola, si ferma, par che stia a sentire e, come impaurita da quel silenzio, via. La campagna ha qualcosa di solenne e triste, come un mare solitario. La testa s’abbassa come per forza e l’occhio socchiuso vaga per le valli oscure e cupi recessi che la fantasia languida gli finge tra i fili d’erba e i granelli della terra.”» Silvia aveva ascoltato Mauro respirando adagio, percependo qualcosa di magnetico nella sua voce, qualcosa che riempiva d’arcana atmosfera quel luogo. «È un brano straordinario», disse. «Procura sensazioni fisiche. Hai l’impressione che De Amicis abbia trasformato la sua penna in un occhio e tu lo hai ripetuto in un modo così sentito da farmi venire la pelle d’oca. Guarda!» «Temetti di prendermi una nota di biasimo dal professore», le confidò Mauro «per non aver scelto una poesia ma quando gli spiegai il motivo che mi aveva indotto a scegliere quel passo di prosa, mi encomiò davanti alla classe. Ci spiegò che anche la prosa poteva divenire lirica.» Silvia guardò le minuscole ...