Konstantin Sergeevič
Data: 13/12/2017,
Categorie:
pulp,
Autore: Osiris
... le avrebbe fatto di lì a poco. A rendere il tutto ancora più terrificante c’era la sua voce, piatta ed annoiata come quella di uno stanco cameriere che ripete lo stesso menù per la centesima volta nonostante le stesse descrivendo abusi e torture che le avrebbe inflitto. Per quel poco che poteva il suo viso espresse terrore e sgomento che presto si tramutarono in dolorosa rassegnazione. L’uomo, fedele alla sua parola, iniziò ad abusare di lei e torturarla. I capezzoli furono stretti da piccoli e dolorosi denti di acciaio mentre il suo sesso fu violato prima da lunghe dita e, poi, da oggetti sempre più voluminosi strappandole ogni residuo di dignità. Meticoloso come un chirurgo, l’uomo alternò strumenti affilati ed acuminati che graffiarono o incisero la sua pelle mentre lei, incapace di reagire, quasi affogò in un bagno di mille dolori tutti diversi. Calde lacrime salate le rigarono il viso mentre lui, salito sopra di lei, la fece sua. Tutto sommato era la cosa fisicamente meno dolorosa che le aveva fatto sino a quel momento ma quegli occhi freddi e distaccati erano pugnalate nel petto. Per lunghi minuti la violò senza ritegno godendo della sua impotenza fino a sorridere, compiaciuto, per il suo sguardo terrorizzato. Riversò dentro di lei il suo sporco piacere e, quasi per mostrarle quanto più disprezzo possibile, la ringraziò per la scopata più bella degli ultimi anni. A quella ne seguirono altre e poi altre ancora in cui lui la prese in ogni modo possibile ed immaginabile. ...
... La trattò né più né meno come una di quelle costose bambole di silicone dall’aspetto umano tranne per il fatto che lei era viva. Viva! Eppure proprio questo era forse la cosa di cui lui meno si curava. Di sicuro non lo fece quando morse la sua carne, quando colpì ripetutamente le sue membra, quando straziò i suoi capezzoli e neppure quando la sodomizzò o quando, con estremo disprezzo, urinò sul suo corpo pieno di graffi. In tutto ciò che lui le fece mai dimostrò di considerarla un essere umano e questa fu la tortura peggiore di tutte, peggiore anche dell’essere costretta a rivivere i precedenti abusi ed immaginare i successivi ogniqualvolta le concedeva qualche minuto. Come poteva restare lucida e non perdere il lume della ragione? A quale plausibile speranza si poteva aggrappare? Altre domande che non avevano risposta. Tornata al presente, per pochi ma lunghissimi istanti tenne gli occhi serrati nella vana speranza che, se fosse passato abbastanza tempo, li avrebbe riaperti scoprendo di aver vissuto il peggior incubo della sua vita. Ovviamente non fu così e vide solo il medesimo soffitto su cui si muoveva l’ombra dell’uomo. Il suo tempo era giunto e si stava per consumare l’ultimo atto di quella tragedia annunciata qualche minuto prima dalla solita piatta voce dell’uomo. L’aveva presa, ci si era divertito per diverse ore ma, ormai, era ora di passare oltre e far spazio ad un gioco nuovo. Solo una concessione le aveva fatto o, per lo meno, promesso: la sua sarebbe stata una ...