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Dopo la discoteca - 2
Data: 29/12/2020, Categorie: Gay / Bisex Autore: honeybear
... mia bocca per guardarmi incredulo e compiaciuto per l’iniziativa dimostrata, preferendo poi leccarmi il collo e mordicchiarmi i lobi delle orecchie. Gemevo e sbuffavo lasciandomi completamente trasportare dalla passione che stavamo vivendo. Al resto avrei pensato poi; se pure dopo ci fosse stato qualcosa a cui pensare. Per il momento volevo essere lì. Con lui. Lui che continuò imperterrito a baciarmi, che mi chiese di toccarlo in un determinato modo, che si strusciò sul mio corpo in maniera oscena. Lui che, comportandosi a quel modo, rese il mio uccello così duro da farmi male. Lui che mi fece desistere dal divincolarmi per porre fine a quel supplizio perché non perdeva occasione di bisbigliarmi nelle orecchie la sua felicità di avermi in quel letto. Che mi rovesciò sopra di lui chiedendomi di rifargli esattamente quanto io avevo avuto. Sembrava un treno impazzito che correva senza freni verso quel luogo chiamato felicità! “Dany… Dany… Ho bisogno di venire. Lasciami venire…” lo implorai rompendo l'incantesimo. “Aspetta… - ansimò – aspetta ancora un attimo… Ti prego!” E io non potei far altro che piegarmi al suo volere una volta di più, mentre lo guardavo. Era bellissimo. Il sudore che gl’imperlava la fronte e i peli del petto rendeva la sua carnagione quasi trasparente. Stante la promessa di una rapida conclusione del match, le nostre lingue andarono avanti ad avvilupparsi ...
... ancora per diverso tempo. Così come le mani percorsero chilometri di pelle e le dita di pelo. Le cappelle erano rosse come la più matura delle ciliegie: anche lui credo che provasse dolore e che i suoi coglioni, come del resto i miei, avessero accumulato tanta di quella sborra da inondare Genova! Ma in quel frangente imparai a conoscere la sua ostinazione: anche lui, come me, voleva protrarre all’infinito quei momenti di piacere. Alla fine tuttavia, dovette cedere all’evidenza: mi bloccò, facendomi cadere accanto a lui. Allungò la mano sul mio uccello cominciando a menarmelo. Con un cenno m’indicò che dovevo fare la stessa cosa con il suo. Fu un attimo: entrambi eravamo allo stremo. Pochi colpi decisi ed insieme rompemmo le acque, spruzzando getti di sborra così densi e copiosi che ci coprirono fino ai capelli. Ci guardammo. Eravamo sfiniti. Eravamo fradici. Di sborra e sudore. Ansimavamo come cavalli imbizzarriti. Mi abbracciò trascinandomi a sé. Io mi persi a guardare le gemme di liquido seminale che lentamente si rapprendevano sui peli del suo petto. Eravamo felici! “Ehi…” due dita sul mento erano il segnale che la sua bocca mi voleva ancora. Per un ultimo bacio. Prima di una doccia veloce che non avrebbe lavato il ricordo di quell’incredibile pomeriggio. Prima di tornare a casa, perché: “Porca puttana! Sono quasi le 8.00! E domani interroga in letteratura!” - CONTINUA? - .