1. Una borghese bionda


    Data: 13/01/2021, Categorie: Etero Autore: blackjack81

    ... tornai al mio solito gioco per ingannare il tempo che ci separava dall'inizio del concerto. Cercai di immaginarla mentre faceva l’amore.
    
    Un'esperta e flemmatica lentezza, ecco cosa vedevo nei suoi movimenti.
    
    Muoveva il bacino sul cazzo del marito, o dell’amante di turno, con circoli precisi e ampi, per godere del contatto tra i due corpi e massimizzare - che razza di vocabolo - il piacere.
    
    Si lasciava prendere nelle posizioni più strane sfruttando l'agilità da ballerina. Ma tutto secondo manuale, anche il sesso come compito ben eseguito.
    
    Teneva le mani aperte e gli occhi chiusi, in un'ossimoro ripetitivo e svilente.
    
    Le unghie smaltate di rosso nella carne di lui, ai polsi due bracciali d’oro. Il suo corpo lì, ma l’anima altrove.
    
    Una donna come tante, all'apparenza, forse un po' più fortunata. E adesso, aspettava il colpo che l’avrebbe stesa per sempre.
    
    Vivere non le piaceva, si adattava a fatica al soffocante perbenismo di cui si era circondata. Per sè aveva sognato un’esistenza diversa, più istintiva, selvaggia.
    
    Passati gli anni si ritrovava invece una bellissima scatola, ma vuota.
    
    Come una matrioska, si aspettava sempre di scoprire il tesoro nascosto nella bambola successiva.
    
    Ma ormai era arrivata quasi alla fine, e della gioia sognata in fondo non c’era traccia.
    
    Il risultato di questo atarassia? Non c’era un solo luogo al mondo, uno solo, in cui si sentisse bene. Forse non sapeva neanche più chi era, questo la consumava.
    
    In realtà un ...
    ... luogo c’era. L’unico posto in cui trovava requie, l'unico in cui riusciva ad acquietarsi: la sala del teatro, avvolta dalla musica potente di un concerto sinfonico, o dalle note leggiadre di un pianoforte a coda, quando nessuno faceva caso a lei e poteva sentirsi coinvolta in qualcosa di più grande.
    
    Dopo che LUI era morto e si era risposata, era la sua unica consolazione. Si sentiva finalmente libera, a suo agio. La gente non la guardava, e lei non guardava loro. Nessuno faceva caso alla sua apparente alterigia.
    
    In quei momenti, si sentiva meno sola.
    
    La musica esprimeva la tristezza che non si concedeva quando si scrutava di fronte allo specchio.
    
    Il vero volto che non aveva il coraggio di rivelarsi, e si intravedeva solo sotto il fondotinta.
    
    E quel volto spremeva gli occhi dal dolore per la perdita dell’unica persona che avesse amato in vita sua.
    
    Decisi di provare a parlarle.
    
    Con una scusa, attaccai bottone.
    
    Era una voce abbastanza acuta: parole precise, scandite.
    
    Mentre mi indicava velocemente dove ritirare il programma del mese, la osservai da vicino; poteva avere 45 anni, una donna nel fiore della maturità. Ma il viso era spento.
    
    Mi arrischiai a proporle un caffè, ma non accettò. Accettai la risposta con cortesia, deciso a non insistere per non farla scappare da quei pomeriggi musicali che per me assumevano anche un'altra connotazione per così dire meno eterea.
    
    In breve cominciammo a salutarci.
    
    Semplici sguardi all'arrivo, un cenno del ...