1. La tua pietra è l'agata


    Data: 12/06/2021, Categorie: interviste, Autore: Tibet, Fonte: EroticiRacconti

    ... nella valle tra le dolci colline che era il tuo seno e poi ancora lungo il dorso arcuato... la perfezione miracolosa che era il tuo sedere, il collo... la nuca. Quanto mi sono dissetato alla tua fontana che continuamente sgorgava fiumi di nettare! E quante ore con la bocca unita al tuo garofano scuro in un contatto senza fine! E averti... interamente... anima e corpo... e averti... e i tuoi gemiti... le tue urla di piacere e in risposta i miei grugniti... il mio ruggito di soddisfazione estrema... Il lungo attimo carico di tenerezza, di parole cariche di amore, i progetti... i sogni. E il ricominciare. Diedi a te l'anello con l'agata. Un pegno d'amore. Poi... poi... poi... Poi... L'incontro tuo con la morte e io che morivo con te. Forse l'agata non era la tua pietra e neanche la mia. ___________________________ NON PENSARE... NON PENSARE! Chiudi la mente… Il pensiero di lei tornava come l’onda che si infrange su di una scogliera. Come il movimento del mare continuo e irresistibile. Senza fine… senza pause. Cercavo di opporre una diga a quei pensieri ma non esisteva rimedio. Non esisteva un angolo di mondo dove nascondermi per evitare la lama rovente del ricordo. Io provavo a dimenticare, ci provavo in ogni modo ma più che qualche attimo di oblio non riuscivo ad ottenere e poi riemergeva e tornava lì di fronte a me a chiedere… Perché…? Perché…? Perché…? Perché lei? E io non avevo risposte. Erano giorni che sostavo in solitudine in quell’hotel in riva al Pacifico, le giornate ...
    ... passate al bar a bordo piscina o in mare in lunghe nuotate incurante del pericolo delle forti correnti che a volte trascinavano al largo. Non mi spaventavano, no… forse le cercavo, nel mio subconscio le cercavo, ma probabile che loro non volessero me… non era il momento. Troppo semplice. Per la gente del posto ero il “gringo loco”, non sprecavano più il fiato per avvertirmi del pericolo, tra il resto la spiaggia era costellata di cartelli che avvertivano della cosa. Aspettavo una chiamata. Un lavoro, se lavoro possiamo chiamarlo. Stavo cercando di esaurire le riserve alcoliche del bar quando la vidi. Non so se mi apparve magnifica per via dell’alcol… come era probabile, ma certo che era uno spettacolo di donna. Era in compagnia. Due uomini e due donne. Facile catalogarla. Gli uomini erano americani o canadesi non so… forse di qualche compagnia petrolifera o delle banane… e loro, le donne, erano putas… puttane, di alto bordo ma puttane. Affittate a giorni come il fuoristrada Toyota che immaginavo avessero. Alta… la pelle ambrata di mulatta, poco seno… e un culo magnifico. Largo… largo… largo. Ora non ricordo il suo viso, so che era bella… ma il suo culo si che lo ricordo. Largo… In piscina uno dei due la spinse contro il bordo e si mise a brancicarla… la mano che la toccava fra le cosce, lei rideva. La volevo. La desideravo. Lei poteva darmi quei pochi attimi di oblio che cercavo. Lo sapevo che lei era adatta. Attesi fino ad aver l’opportunità di rivolgerle la parola e molto ...