1. Doppia Vita - II cap.


    Data: 18/06/2021, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: ale_

    ... e con due dita mi bagnai. “Non metti la crema?' Non gli risposi. Da vera stronza non l'avevo portata dietro, ma me l'ero unto e straunto tutta sera: speriamo. Mi girai verso una pianta e mi piegai in avanti, sollevando il meno possibile il vestito. Mi afferrò ai fianchi. Eccoci! 'Aspetta.' Glielo afferrai con una mano, da dietro e per la centesima volta mi dissi che ero una cretina da neuro: non riuscivo a chiuderci quasi le dita attorno. E sentii pure il perizoma scivolare e toccare terra, in quella merda; ci sfilai un piede, non lo avrei più raccolto. Mi sistemai meglio sui piedi e lo guidai io verso l'ano: 'Abbassati... ecco'. Spinse lui. Trattenni il respiro. Il buchetto cedette subito di un poco, ripiegandosi in dentro, ma poi resistette alla spinta, facendomi temere con delle piccole fitte che mi avrebbe fatto un male cane. Forse un secondo e si dilatò mandandomi in paradiso; con vera gioia lo sentii scivolarmi dentro, riempiendomi e spingendomi avanti. Si fermò alla bocca dello stomaco, respiravo con la bocca. Mi teneva per i fianchi, io con una mano al tronco, con il portachiavi infilato al pollice. Lo fece tre volte di seguito, lentamente, mentre mi toccavo: lo sfilava fuori quasi tutto trascinandomi via anche l'anima e poi spingeva con forza, bruciandomi il culo e togliendomi il fiato. Ma non era comodo come piaceva a lui: si raddrizzò sulle ginocchia, sollevandomi. Finii sulla punta dei piedi e mi sbilanciai in avanti. Affondai con entrambe le mani nel muschio ...
    ... a terra. Merda. Stavo per urlare. Il bastardo lo sapeva: mi strinse forte il collo insieme ai capelli, dietro, sotto la nuca, usando una mano sola, enorme. Con l'altra mi tirava indietro, contro il suo cazzo ben impiantato, sfregandomi la figa. 'Puttana, sei bagnata da schifo!' Mi obbligò a raddrizzarmi, tirandomi indietro per i capelli; lo feci a fatica, inarcando indietro la schiena contro il suo panzone. Mi strinse al seno e si pulì la mano sul mio viso, cercando d'infilarmi le dita in bocca. E mi scopò così, come un coniglio, con colpi velocissimi e corti. Mi pareva di scendere le scale in bicicletta, col culo massacrato dal sellino. Toccavo appena terra, balbettavo gemiti e la schiena mi faceva un male da morire. Cercai di liberarmi, staccandomi da lui. Non era così stronzo: mollò la presa. Caddi in avanti, in ginocchio; per un attimo l'aria gelida riaccese il bruciore. Mi fu sopra, schiacciandomi sull'erba bagnata con tutti i suoi centoventi chili. Un ramo mi graffiava la guancia e un sasso spigoloso era proprio sotto l'osso del bacino. Riuscii a spostarmi di un poco, prima che mi ripiombasse addosso impalandomi. Mi fece davvero male. Glielo dissi, che mi piaceva, che ce l'aveva grosso, che mi spaccava il culo, che bruciava, di spingere più forte, più forte ancora; glielo balbettavo, mentre il minchione trapanava come solo sapeva fare, al ritmo di un roditore. Non respiravo, il panzone mi faceva sprofondare nella terra morbida, che mi tremava sotto. Volevo facesse in ...