1. La predatrice


    Data: 23/06/2021, Categorie: Sensazioni Autore: Il Delfino

    Napoli, 26 novembre del 1968. Dopo tre giorni tra la vita e la morte, col collo fratturato, potei fornire la mia versione dei fatti al commissario che accanto al letto dell�ospedale dov�ero stato ricoverato, mi ascoltava prendendo appunti. Dissi che l�avevo conosciuta al termine di una delle mie prime lezioni universitarie. Uscito dall�aula e incamminatomi per il corridoio, mentre aprivo la porta dell�istituto, udii una voce femminile che mi chiamava: �Professore, professore Giacinto.� Mi girai. Era giunonica, come a me piacciono. Alta quasi il doppio di me, imponente e bella. Aveva un seno fenomenale e slanciate cosce. Indossava un elegante cappotto ed una gonna di lana a quadroni, attillata da sopra i ginocchi. Era bella, bionda coi capelli raccolti in un toupèe. Gli occhi di un azzurro perlaceo. Avvicinandosi, con un timido sorriso disse: �Professore, sono una sua allieva. Darò l�esame spero, per giugno. Vorrei chiederle��Aveva abbassato lo guardo vergognosa. Dissi: �Prego.�La sua mole gigantesca mi sovrastava: �Professore, beh, ecco�volevo chiederle se lei fosse disposto a darmi delle lezioni private di anatomia�pagando il disturbo naturalmente.� Una bella ragazza che avevo sperato da sempre di scopare, ma impossibile, vista la differenza di mole. Tranne il corso di lezioni agli studenti, non avevo altri impegni giornalieri. Non ero sposato e vivevo solo. Accettai. Disse che anche lei viveva sola, in una villa di Via Tasso. Undicenne, aveva perso entrambi i genitori. ...
    ... Mi offrii di accompagnarla a casa sua, dove nel pomeriggio le avrei impartito la prima lezione privata di anatomia. Usciti dalla facoltà, c�erano molti studenti che si assemblavano nel cortile, parlando di occupazione e di rivoluzione. Pranzammo dalla parti di Pozzuoli e poi andammo a casa sua. La ragazza sembrava disponibile ed in auto aveva messo in bella mostra le lunghe cosce. Entrati in casa, chiuse la massiccia porta con due mandati di chiave e mettendomi un braccio sulle spalle, m�invitò a salire nei piani superiori. Una vetrata da sopra l�architrave del portone dava luce. Sul ballatoio, disse tutta rossa, anche per il vino tracannato:�Professore, perché non ci riposiamo un poco sul mio letto?� La guardai, pieno di meraviglia. La cosa si metteva bene, oltre le aspettative. Cercai di allungarle la mano sulla faccia. Si fece accarezzare docile e mi sorrise ammiccando. La stanza da letto aveva la balconata che dava sull�antistante golfo. Andò a socchiudere le tende per fare poca luce. Nella penombra, la sua bellezza ambigua era più eccitante. Si spogliò in fretta. Nuda, era come la Venere del Giorgine. Mi spogliai anch�io. Stesa sul letto, disse: �Amore, Non cercare di fuggire. La porta è serrata e buttarsi dal balcone è un suicidio. Inutile è gridare: la villa è isolata dall�abitato.�Forse non avevo inteso bene. Accanto al letto chiesi timoroso:�Perché mi dici questo?��Amore, tu sei il terzo che cade nella trappola. Se fai come ti dico, ne esci vivo.�Mi tremava la voce. ...
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