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La complice: l'incontro erotico con elisa
Data: 12/01/2018, Categorie: Etero Autore: LucasFromParis
Non riesco più passare in quell'angolo di parchetto senza pensare a E. Senza ricordare quel bacio: fu un bacio lunghissimo e disperato. Mi stavo indubbiamente facendo trasportare dalla fantasia e dal bisogno di un rapporto speciale. Volevo essere accettato così com'ero. Benché fosse del tutto prematuro, volevo che fosse lei. Doveva essere lei. Il bacio non mente mai. Così come non mentivano le sue mani che mi abbrancavano le spalle mentre le accarezzavo il viso e i capelli. Raramente avevo desiderato una donna a quel punto. Improvvisamente mi sentivo un ragazzino, provavo quel senso di leggerezza che da troppi anni mancava alla mia vita. Non aveva senso: la conoscevo da meno di ventiquattro ore, avrebbe potuto essere una scopata senza domani. Ma non volevo che fosse così. Il week end fu eterno. Non potevo chiamarla né mettermi in contatto con lei. Potevo solo aspettare, rivivere gli attimi inebrianti, chiudere gli occhi per assaporare di nuovo la sua bocca. Potevo solo immaginare ciò che sarebbe stato. Ed era così assurdo. Non ero un ragazzo, bensì un vecchio lupo indurito. Cosa mi stava succedendo? Le ore scorrevano lente. L’appuntamento era fissato l’indomani all'angolo di una certa strada. Ci sarebbe stata? Sarebbe venuta? Mi avrebbe scritto una banale scusa per annunciarmi un contrattempo? Mi avrebbe detto di aver cambiato idea? O addirittura mi avrebbe bloccato per lanciarmi uno sgradevole ma inequivocabile messaggio. Le scrissi subito e ancora una volta attesi. ...
... Attesi le il segno della spunta, quella maledetta doppia “v” diventasse azzurra. A volte il confine della felicità è un segnale che cambia colore. Che ci annuncia come il nostro destinatario ha finalmente letto ciò che abbiamo scritto. Poi arriva il momento del “E. sta scrivendo un messaggio….” si attende di vedere ciò che scriverà. E quando lessi, “fra cinque minuti solo lì” ebbi finalmente la certezza che l’agognato incontro ci sarebbe stato. La vidi: esattamente all'ora che aveva detto, esattamente nel punto che aveva detto. Era lì. Ed era li per me. Era li per farsi possedere e per godere con me. Era li per concedermi il suo corpo. Lo voleva! Capite? Lo voleva anche lei. Indossava pantaloni larghi e morbidi uniti e una maglia uguale. Un colore chiaro, forse sabbia o forse beige. Era una specie di completo che da uomo non saprei descrivere. Non mi importava nulla di ciò che indossava. Quando salì al mio fianco contava solo quel sorriso timido e imbronciato e quell'atteggiamento fra il pudico e il timido. Contava solo lo sguardo che teneva basso mentre parlavamo. Quasi non trovavo le parole. Il tragitto fu breve. Apparve il Motel dove avremmo consumato la nostra passione. La procedura fu la solita: documenti di identità, fumatori/non fumatori. Mi venne consegnata la chiave per il paradiso. Mentre percorrevamo il viale interno notammo entrambi le numerose automobili parcheggiate ognuna davanti a una stanza. E commentammo divertiti che già di lunedì mattina la gente si dava ...