Compromessa 1
Data: 26/01/2018,
Categorie:
Etero
Autore: senso_intenso
... indovinando altre forme più nascoste, quel neo così particolare subito sotto il seno sinistro e il piercing piccolo ma brillante sull’ombelico. Oltre a quello si presentava come lontana da dove realmente era, e cercava persone anche a lunga distanza: una precauzione più che comprensibile per un centro abbastanza piccolo come quello dove eravamo.
Soddisfatto tornai in albergo. Il giorno dopo proseguì senza novità, era tutto come se nulla fosse accaduto. Di nuovo fummo gli ultimi ad uscire, e di nuovo ci salutammo con una stretta di mano. Stavolta fui io a fissarla per un attimo più lungo, ancora tenendole le dita: le girai guardandole le unghie. Le dissi che il color rubino le donava di più. Lei sbattè le palpebre, mentre le lasciavo la mano: le spiegai che il brillante sull’ombelico era molto ben trovato.
Parlai a voce molto bassa, e la vidi che apriva la bocca rilasciando la mascella. Mi voltai salutandola e lasciandola lì. La cena fu ancora più gustosa della sera prima.
Arrivammo presto tutti e due il giorno dopo: non c’era quasi nessuno. Il caffè della saletta non era granchè ma aveva il pregio della discrezione. Stavolta il suo trucco era più brillante, e i vestiti più scuri. Tutto dava l’impressione di una maggiore aggressività, comprese le sue pose: io non dissi niente, aspettando il suo primo passo.
Fu una domanda casuale: mi chiese se mi piacevano i piercing. Sorseggiai il caffè e risposi che sì, nel posto giusto della persona giusta davano maggiori ...
... sensazioni. Anche i nei, aggiunsi. La osservai spalancare brevemente gli occhi e sorseggiare a sua volta: era come una partita a scacchi, in cui entrambi miravamo alle stesse casella.
La giornata proseguì tranquillamente, ma mi accorsi che mi guardava, così cmoe lei sapeva che io la guardavo, più spesso e più intensamente dei giorni precedenti. A sera, stringendomi la mano, mi chiese di farle compagnia a cena: accettai. Passeggiammo un pò in silenzio, e arrivammo al ristorante. Durante la cena parlammo del più e del meno, del lavoro, ma anche di come fosse difficile fare amicizia in ambienti così ristretti e come a volte occorresse rinunciare alle proprie aspirazioni per occuparsi dell’ufficio, o della casa, della famiglia.
Non era nulla di nuovo per me: fui io a portare questi argomenti, che conoscevo bene. Il fatto di essere sempre in giro dai clienti non esclude questo tipo di dinamiche, per quanto le limiti ad un livello accettabile. Fu una conversazione piacevole e liberatoria. Non le permisi di pagare, e lei si offrì di sdebitarsi accompagnandomi in albergo: accettai.
Vidi che prendeva una via diversa appena uscimmo dal parcheggio: non dissi nulla. Per strade non illuminate, con un percorso decisamente più lungo e tortuoso di quello che poteva arrivare anche solo ai margini dell’abitato, finimmo davanti al cancello automatico di una villetta di campagna, anonima, tranquilla, isolata.
Era nervosa, la sentii respirare profondamente mentre guidava e cercai di ...