Viaggio in bici (parte seconda)
Data: 04/02/2018,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: Marco__1990
... sembran fatte di plastica. Il suo uccello svetta prepotente. È tozzo e grosso e grande. Mi avvicino con cautela, anche perché un affare cosí non so bene come gestirlo. Jacob per fortuna è paziente, e mi lascia fare a mio ritmo. Con circospezione lo prendo in bocca. Dopo pochi minuti mi rendo conto che non riesco a farlo entrare in gola, non sono ancora cosí bravo. Cosí mi limito a lavorare la cappella. Ecco il mio metodo: scendere finche possibile, e poi risalire piano piano, sul cazzo, sempre più lentamente quando ci si avvicina alla cappella. Nel momento in cui il solco della cappella (la testa del fungo, per capirci) arriva proprio sulle labbra (ma è ancora dentro), allora, mi fermo e procedo con estrema lentezza, applicando più pressione per aderire perfettamente. Nel frattempo la lingua, mentre le labbra stringono decise il cazzo proprio prima della cappella, lavora il frenulo. Procedendo millimetro per millimetro, la cappella esce dalla bocca, e si ricomincia. Provare per credere, la prossima volta che siete in compagnia. Se mi son spiegato male ci riprovo nei commenti, fatemi sapere. Dopo un paio di minuti di impegno, Jacob mi gira come una frittella sopra di lui e mentre continuo a prenderglielo in bocca mi lavora il culo. Ho poca peluria la sotto, sono fortunato abbastanza da non dovermi radere. Lo sento afferrare le mie natiche con le sue mani enormi e buttarsi a capofitto. La sua lingua cerca di farsi strada nel mio buchetto già un po’ allargato dal mio lavoro di ...
... pulizia: scivola dentro, è irresistibile, cosí vellutata. È bravo a baciare il culo tanto quando a baciare in bocca. E si vede che gli piace, perché dal suo cazzo ogni tanto fuoriescono goccioline cristalline di liquido prespermatico. In queste condizioni io il pompino l’ho interrotto da un pezzo, perché è impossibile concentrarmi sul suo membro cosí impegnativo quando ho la sua lingua nel culo. Cosí, me la godo come uno si gode una montagna russa: piombo la mia testa tra il vello delle sue cosce e respiro i suoi umori. Le lenzuola di plastica già ci stanno facendo sudare, lui è bollente. Tutti i miei nervi sono tesi. È pronto, Jacob mi fa capire che è tempo. Rimango a pancia in giù.
Non sono mai stato penetrato numerose volte, e mai da un uccello cosí grosso. Vedo la penetrazione anale come un traguardo, e spesse volte preferisco altro. È facile che le cose vadano storte a farsi inculare, e poi son dolori (vi ricordo che sono in bici) o son dispiaceri. Ma quello è il momento: se non lo faccio, non lo farò mai. E poi credo in questa legge assoluta: non esistono cazzi troppo grossi o buchi troppo stretti, ma solo attivi più o meno capaci a farsi strada dentro. Mi metto pancia in giù e divarico le gambe. Le luci sono diffuse, è tutto molto scuro e marrone, come vi ho detto, ma non ho bisogno di guardare per sentirlo armeggiare con un preservativo. Punta la cappella sul buco. Incomincia a premere: io già lo fermo, con una mano premuta sul suo inguine, voglio esser io a farlo ...