Leccami il culo! - 1
Data: 04/02/2018,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: adad
... Rimanemmo così per un po’, poi lui si girò e tornò indietro.
Mi sentii riscombussolare tutto.
Il giovane si avvicinava, aveva il volto accigliato, era imponente, più strepitoso ad ogni passo.
E adesso?, pensai, non vorrà mica farmi una scenata perché l’ho guardato! In effetti, c’è gente strana a questo mondo e non sarebbe stata la prima volta che qualcuno se la prendeva per uno sguardo.
Si fermò vicino alla mia panchina e dopo un momento mi si sedette accanto. Io non sapevo più che fare, dove guardare. Era impossibile che gli interessassi proprio io, con tutti i giovani che ci sono in giro.
“Sei qui a battere?”, mi chiese, con una voce profonda, che finì di scombussolarmi.
“Veramente… no… - riuscii a balbettare – non sono qui a battere…”, e subito mi sentii un cretino.
“Però ti piace il maschio.”, seguitò lui.
Era un’affermazione, non una domanda.
“Non posso negarlo.”, risposi, cominciando a calmarmi.
Sentivo l’odore che gli trasudava dagli abiti: un misto di tabacco di qualità e acqua di colonia, molto avvolgente.
“Lo avevo immaginato. I froci li riconosco a naso, io!”
Quelle parole mi sconcertarono.
“Ti danno fastidio, per caso?”, ribattei, cercando di metterci un po’ di aggressività.
Lui non rispose. Tirò fuori dal taschino della camicia un pacchetto di sigarette americane e me lo porse.
“Fumi?”
“No, ti ringrazio.”
Lui tirò fuori una sigaretta, l’accese e aspirò profondamente, voluttuosamente, a pieni polmoni.
“Sei ...
... bravo a succhiare il cazzo?”, mi chiese inaspettatamente, espirando e gettando fuori il fumo dalle labbra dischiuse.
“Me la cavo…”
Tirò un altro paio di boccate, poi gettò la sigaretta a terra, la schiacciò con la scarpa e si alzò. Pensai con rammarico che se ne stesse andando.
“Dai, vieni.”, mi disse invece e si incamminò.
Io non mi mossi, come allibito alle sue parole. Dopo qualche passo, il tipo si fermò e si voltò verso di me.
“Ti muovi?”, ripeté con tono seccato.
Al diavolo, dissi a me stesso: mi alzai e lo seguii. Aspettò che lo raggiungessi.
“Non fartelo più ripetere due volte!”, puntualizzò, avviandosi di nuovo.
“Posso chiederti come ti chiami?”, gli feci, standogli dietro a fatica.
“I nomi non servono, - rispose asciutto – meno ne girano e meglio è!”
Lo fissai un po’ stupito.
“Puoi chiamarmi Mister, come fanno gli altri froci e le puttane che mi scopo.”
“D’accordo, Mister.”
Beh, ognuno ha le sue manie, pensai. Uscimmo dal parco e lui si diresse ad una macchina parcheggiata lì vicino. Aprì la portiera di guida e si sedette al volante. Io mi accomodai sul sedile accanto. Allacciammo le cinture, lui mise in moto e si immise nel flusso veicolare.
“Dove stiamo andando?”, gli chiesi.
“A casa di amici.”, rispose.
“Ci sono anche altri?”, esclamai, un po’ preoccupato.
“No, ho le chiavi. Un amico mi ha lasciato le chiavi.”
“Ah, ho capito.”
In realtà non avevo capito niente, ma il tipo mi piaceva e nonostante il suo ...